Iniziare una recensione ponendo una domanda retorica forse non è il massimo dal punto di vista giornalistico, ma e vi chiedo di perdonarmi, non posso farne a meno.
Che cos'è l'originalità in musica? Forse la costante tensione verso una ricerca interiore che possa estrapolare e quindi tradurre in note sentimenti personali, angoscia, dolore rabbia, passione o anche la contemplazione dell'ignoto. O più prosaicamente la determinazione nel miscelare sonorità scevre da punti di contatto.
Forse quest'ultima considerazione può aiutarci a capire come Mike Browning, batterista/cantante dei Nocturnus (transfuga della primissima incarnazione dei Morbid Angel), Louis Panzer (tastierista) più la magnifica coppia di asce Mike Davis/Sean McNennery, trovarono l'ispirazione per addizionare al death metal ancora intriso di rimandi thrash bay area, un uso cotanto prominente di spettrali keys, non limitate a semplice strumento di contorno adito a partiture di tappeti sonori in intro ma suonate in modo quasi "solistico", da vere protagoniste del songwriting.
E tutto ciò già agli albori della diffusione del death metal stesso.
"The Key", l'album in oggetto di recensione, è datato 1990, in prima edizione su vinile: nessuno in quel periodo si era mai spinto a tanto e forse per questa loro precocità hanno pagato un discreto dazio in termini di stabilità interna al gruppo e di riconosciuta fama. Solo dopo il secondo full lenght "Threshold" la critica ha apprezzato fino in fondo la proposta stilistica non ortodossa dei nostri, forse in ritardo in quanto il magic moment creativo della band era già stato superato e lo split subito dopo.
"The Key" si presenta tematicamente diviso in due parti distinte: diciamo, il lato A presenta una serie di visioni satanico/fantascientifiche/ambientale di distruzione planetaria e ritorno dalla morte. Mentre nel lato B assistiamo alla creazione di un vero e proprio mini concept, nel quale si narra la storia di una terra morente a cause delle troppe sofisticazioni tecnologiche (che hanno incrementato la capacità di uccisioni di massa e per ragioni di ricerca, nonché un inquinamento letale), dal quale, durante un'invasione aliena, un uomo riesce a scappare usando una macchina del tempo per ricercare l'origine del male, l'inizio della lenta ed inesorabile deriva dell'umanità: la nascita di Cristo. Ucciso il quale, il continum spazio temporale cambia lo scenario dell'evoluzione umana e porta ad una nuova e satanica genesi. Agghiacciante.
Per ciò che concerne il lato prettamente musicale, anche se nel caso dei nostri è difficile separare il lato lirico da quello strumentale, visto l'assoluta compenetrazione fra le due componenti, va subito citata la prima stranezza: l'album non presenta linee registrate di basso, Jeff Estes entrerà in pianta stabile solo dopo la conclusione dei lavori di recording di "The Key".
Per il resto siamo di fronte ad un capolavoro assoluto, dove le tastiere (di cui abbiamo già parlato sottolineandone il coraggioso impatto e l'assoluta importanza nell'economia dell'album in sé) e le chitarre, magnifiche, penetranti, suonate divinamente e sempre pronte ad assoli od a sottolineare cambi di tempi ed il susseguirsi dei riff portanti, costruiscono un costante rincorrersi, un intreccio dal sapore fantascientifico/horrorifico estremamente originale, che un po' ricorda i Voivod (seminali!!!) di "Killing Technology" mischiati con un'entità thrash/death molto raffinata e ricercata, difficilmente riscontrabile allora in altre realtà del tempo. Brani come l'agghiacciante opener "Lake of Fire" o come la più tradizionale "Before Christ , After Death", danno l'idea della portata storica della release, per non parlare di songs come "Andromeda Strain" (a mio parere il migliore dell'intero lavoro) o della diabolica "Standing in Blood".
In tutta onesta una nota di demerito mi sento in dovere di farla: la prestazione dietro le pelli del buon Mike Browning è alquanto deficitaria e mi dispiace, ma si sente più volte la doppia cassa non seguire il ritmo e la velocità degli altri strumenti, più in alcune partiture che dovrebbero essere dei beat blast, il rullante scompare completamente. Per quanto riguarda la prestazione vocale direi che il suo growl cibernetico e strisciante ben si confà con l'atmosfera generale dell'album.
In conclusione "The Key" è un Lp avere assolutamente, anche a costo di tornare indietro nel tempo e con la macchina del tempo partorita dalla mente malata dei nostri per uccidere Cristo.
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