Ci ha messo quattro album il buon vecchio Noel per trovare una quadra definitiva da solista, e pare averla trovata con questo nuovo “Council Skies”.
Ironia della sorte, l’ultima creatura del sempre tagliente ex Oasis è quella con il suono più “da band” del suo intero canzoniere post Oasis. Sarà per la presenza degli ex compagni di avventure Chris Sharrock e Gem Archer (rispettivamente ex batterista e chitarrista dell’amatissima band mancuniana), sarà per una maggiore attitudine collaborativa dello scorbutico Gallagher maggiore, fatto sta che (complice anche la presenza di un peso massimo come Johnny Marr, alla chitarra in ben tre brani) stiamo parlando del disco più coeso di Noel da quando ha intrapreso la strada in solitario.
Messe da parte le deviazioni sonore del precedente (e riuscito) “Who Built The Moon?” e assegnata la co-produzione del lavoro al suo vecchio collaboratore Paul “Strangeboy” Stacey (di certo molto meno invadente e più conservatore del vulcanico David Holmes), Gallagher torna ad un suono più classico ed ancorato al suo passato, complice anche una certa nostalgia che traspare anche dalla piacevole copertina del disco, un bianco e nero firmato dal grande fotografo mancuniano Kevin Cummins raffigurante l’esatto punto in cui sorgeva lo stadio di Maine Road. Lo stesso Noel ha parlato di ritorno alle origini, citando oltretutto un libro di Pete McKee come fonte di ispirazione per il titolo dell’opera.
E le canzoni? Ci sono, e come sempre sono costruite ed eseguite in modo impeccabile. Ovviamente nessuna accelerazione in scia “Definitely Maybe” (stiamo comunque parlando di una rockstar di mezza età), anche se un suono più vitale ed energico qua e là trapela piacevolmente, come nel lead single “Pretty Boy” (smaccatamente e dichiaratamente in zona “A Forest” dei Cure), nel quinto estratto “Open The Door, See What You Find” (Marr alla sei corde e un arrangiamento che non avrebbe sfigurato in un disco degli ultimissimi Oasis) e nella titletrack, sapientemente posizionata tra Smiths e Police e con una melodia prettamente noeliana nel vitale refrain.
Il meglio di sé, però, il fratellone lo dà nelle ballad, mai così scure come in questo lavoro (complice forse il divorzio dalla moglie Sarah McDonald); parliamo del vero capolavoro del disco, “Dead To The Wolrd”, dilaniante spaccato per chitarra acustica impreziosito da un’armonica e una delicata sezione d’archi, e la già pubblicata sotto forma demo “Try To Find A World That’s Been And Gone (Part 1)”, una sorta di Champagne Supernova per i tempi moderni, ariosa e riflessiva.
Se l’album inizia con la delicata “I’m Not Giving Up Tonight”, trait d’union con il precedente lavoro in studio (dal titolo provvisorio “Daisies”, è stata scartata e poi rilavorata per voce, chitarra e fiati per il nuovo lavoro) e mette al centro il supersingolo “Easy Now”, sorta di aggiornata epica rilettura della vecchia “Little By Little”, si chiude con un trio di pezzi leggermente più sostenuti e compatti, dall’evidente omaggio ai La’s di “There She Blows!”, alla sincopata “Love Is A Rich Man” (il fantasma di Bowie sempre presente), alla chiusura con l’altro capolavoro del disco “Think Of A Number”.
Noel piazza l’ennesima zampata della sua carriera, in attesa di capire cosa riserverà il futuro, con il fratello minore che dichiara di avere un nuovo disco già pronto ed una reunion degli Oasis invocata da tutti che sembra invero sempre più lontana.
Brano migliore: Dead To The World
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