Musica per sordi.

Sia chiaro fin da principio che la sufficienza questo album non la deve certamente ai suoi contenuti, ma solo ed esclusivamente al suo contributo storico, in quanto tassello essenziale di un percorso di definizione di una certa forma abnorme di avanguardia musicale oltranzista: inutile aggiungere che ci troviamo innanzi a quanto di più inascoltabile le nostre orecchie possano incontrare.

Attivo già dalla seconda metà degli anni settanta, Boy Rice ha avuto senz'altro il "merito" di essere fra i pionieri indiscussi di un modo di intendere e fare musica che ha finito per condurre la musica fino al labile confine con la non-musica: il rumore.

Ed è con questo lavoro del 1987 che la sua arte (se così vogliamo definirla) trova la sua definizione maggiormente compiuta ed organica: "Blood & Flame" è il manifesto di Boyd Rice, il suo lavoro più rappresentativo, e in esso troviamo tutti quegli elementi che rinverremo lungo la sua non esaltante carriera.

Noise allo stato puro, tanto per intenderci, un'elettronica che si emancipa da ogni più lontano rimando melodico e che fa uso ed abuso della manipolazione e della sovra-incisione dei nastri. Stramo, tuttavia, come Rice riesca a dare un profilo ben preciso e decisamente personale al caos: ogni pezzo suona indubbiamente NoN, e questo va tutto sommato ad alzare di una tacca un voto che, ripeto, con fatica arriva alla soglia della sufficienza.

La pochezza tecnica ed intellettuale di Rice infatti emerge vividamente in ogni frangente: le idee vengono abbozzate e per niente sviluppate, rendendo l'ascolto un supplizio gratuito ed insensato, un tour de force che non trova appagamento e gioia alcuna.

Diciannove bozzetti incompiuti, vividi guizzi di astrattismo sonoro, temibili gironi infernali in cui calarsi e perire: non altro che orge di stridori, pulsazioni al vetriolo, incubi al loop, frustranti nella loro staticità, di rado percossi da fulminanti accelerazioni.

Caos è, non a caso, l'anagramma di caso, e la non-musica di Rice è un'energia primordiale e primitiva sfogata senza inibizioni, forza bruta slegata da ogni tipo di controllo razionale.

La ricerca di Rice è volta ad indagare il nucleo primigenio della natura umana spogliato dall'involucro costituito dai principi cardine che sorreggono la convivenza civile. E' un trapano che scava all'interno dell'inconscio inespresso dell'Uomo, Bestia e Dio insieme. NoN: un'arteria inquieta che attraversa la follia dell'uomo in tutte le sue sfaccettature, l'inferno della guerra, l'Inferno in terra, in cui l'individuo conduce una lotta spietata e disperata per la propria sopravvivenza, volta al predominio, solo in un mondo di violenza ed efferatezze, al di là di ogni morale e dettame razionale.

La guerra, del resto, è un tema caro a Rice, noto anche per i suoi ideali guerrafondai e filo-destroidi, e l'opener "Fire in the Organism" ne è la più lampante dimostrazione: una sinfonia di rumori sconnessi che, travolti dall'accelerare degli strappi laceranti di un'elettronica vaga ed approssimativa, va a simulare un amplesso sessuale che vedrà il suo orgasmo in un fosco scenario di guerra, dominato da violente esplosioni e dal fragore delle mitragliatrici.

I brani che seguiranno daranno filo da torcere agli ascoltatori più smaliziati: chitarre deformate, cori apocalittici, marce spossanti, un martellare incessante che culminerà nel classico dei classici di Rice, "Carnis Vale": un incubo di grida campionate che si accavallano e divorano in un tripudio di violenza insensata.

In generale non apprezzo né Rice né la sua musica, ma se qualche ardito masochista volesse arrischiarsi a farsi davvero del male osando entrare nel terribile mondo di Boyd Rice nella sua forma più tipica, ritengo senz'altro che si debba iniziare proprio da qui.

Com'era quel celebre monito "...lasciate ogni speranza..."?    

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