Immerso in un’atmosfera ovattata, guardo fuori dalla finestra perdendomi nell’indaffarato "vai e vieni" delle persone. Fortunatamente oggi son riuscito a chiamarmi fuori dalla tirannica routine di tutti i giorni, me ne sto appoggiato sul davanzale con una sigaretta in mano, paradossalmente felice di potermi perdere nei miei pensieri provando tristezza e malinconia, senza aver l’obbligo di far nient’altro. Intanto nel lettore gira Distances di Norma Winstone.

E ad un certo punto, tutto si tramuta, o meglio, prende una forma diversa: il mondo sfuma, si decolora, diventa un vecchio film in bianco e nero, mentre Norma, vera protagonista dell’opera, recita brani di autori come Cole Porter con una voce sempre suadente e caldissima, talvolta persa in sussurri quasi impercettibili, altre volte alta, ferma e sensuale, una sensualità dolce, come a voler accompagnare e, perché no, alleviare le sofferenze più o meno grandi di ogni ascoltatore.

Accompagnatori perfetti di questa musa sono Glauco Venier impegnato ad accarezzare i tasti d’avorio di un piano dolcissimo e Klaus Gesing dedito a destreggiarsi tra il clarinetto ed il sassofono soprano, perfetto a seguire il mood del momento, a rimarcare i momenti più romantici o ad inserirsi in quelli di maggiore placidità dandosi a virtuosi sali/scendi sulla scala musicale o a gettarsi in monologhi affascinanti seguito a ruota dal piano (“Giant's Gentle Stride”), tutto ciò senza mai cadere nel manierismo ma rimanendo ancorati all’aura malinconica ed ovattata dell’album. Alla fine, con “A Song For England”, il mondo ritorna a prendere colore, grazie ad una melodia più gioiosa e spensierata.

Come la maggior parte delle uscite firmate ECM, Distances non è un album che stupirà per soluzioni compositive ardite e sperimentali ma saprà dar forti emozioni agli ascoltatori, accompagnandoli nei momenti più intimi e raccolti.

Carico i commenti...  con calma