Quando chiniamo la testa di fronte ai soprusi non perchè temiamo una vendetta dall'alto, ma perché non abbiamo il coraggio di distinguerci; quando a scuola ci tremano le gambe mentre, raggiungendo la cattedra, stiamo per mettere fine alla nostra dignità: in ognuno di questi momenti in cui l'immagine della nostra impotenza si manifesta le note ovattate del piano di Nortt rimbombano tuonando, coprendo ogni parola che non abbiamo detto, ogni gesto rimasto bloccato.
Della musica di Nortt ne ho già parlato ampiamente in altra sede; un doom-black metal plumbeo e nebbioso che non subisce eccessivi cambiamenti neanche in questo disco: si avverte invece un'estremizzazione delle formule che sembravano ormai abusate in Gudsforladt. I riff vengono portati ad un livello che nessuno aveva mai avvicinato: vengono decostruiti e spezzettati, quasi tristi nella loro nuova nudità; il suono della chitarra è saturo e pieno di riverberi. I giri melodici sono ormai ridotti ad una successione di accordi, nota dopo nota, sempre più distanti le une dalle altre.
La musica come detto non è cambiata in modo significativo: è solamente diventata molto migliore; a livelli rari secondo chi scrive.
Quello che è cambiato è lo spirito dietro le note: in Xasthur e Leviathan è percepibile un senso di rabbiosa partecipazione nei confronti della vita. I californiani cantano con immagini di gioia davanti agli occhi. La gioia degli altri, che vogliono cancellare, o forse fare loro. Non è detto.
Il danese Nortt rappresenta invece lo stadio successivo, quando non c'è più posto per la lotta, per l'odio, per la passione. Anche ogni rimembranza cimiteriale sembra svanita rispetto agli album precedenti.
Il disco acquista ora un carattere quasi metafisico, spostandosi verso sonorità più cerebrali, a tratti dark ambient, sempre impalpabili: la musica detta i "ritmi" di questa nuova filosofia e viene a sua volta contaminata da questa filosofia del degrado. La voce emerge dal basso, per poco, e si rituffa nel buio. Una o due note di piano in lontananza lasciano sperare in un cambiamento: come nella vita, non avviene, mai. In certi momenti si odono le campane di una chiesa suonare lì vicino e si è presi dalla voglia di correre verso la salvezza (il che, trovandoci in un disco black metal, suona un po' ironico). Poi finisce tutto.
Nortt arriva ad un punto in cui può permettersi di fare scuola a sé, senza bisogno di citare qualcuno in particolare, senza bisogno di variare molto da brano a brano: questa formula verrà poi ripresa da molti imitatori, in Italia (Urna) come nel mondo (Elysian Blaze), seppur con risultati inferiori. Ligfaerd rimane una delle tappe obbligatorie per l'evoluzione del genere, sia per quanto riguarda il concetto di Crossover (qui inteso nel senso nobile di "fusione di stili"), sia per il versante legato alle sonorità più Depressive.
Perché Nortt?
Perché dentro di sé ognuno si odia, almeno un po'. Ma ora è tempo che ognino ritorni alla sua normalità, permeata così profondamente da quello stesso vuoto che si percepisce tra le note di "Ligfaerd"...
"Il monte più alto dell'Italia?" - "Il monte Bianco" - "L'accendiamo?" - "L'accendiamo"........
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"Pietro, sei stato nominato" - "Non importa, sono venuto per mettermi alla prova, per scoprire il mio vero io"...................................................................................................................
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"Non mi ami più come il primo giorno"- "Certo che ti amo come prima, se non di più, è solo che sono stressato per via del lavoro".......................................................................................
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