Troppo spesso la gente (me in primis) spende parole di elogio nei confronti di album, definendoli anche capolavori, che in verità pur piacendo non arrivano davvero al cuore: esiste invece una ristrettissima cerchia di lavori che in un modo o nell’altro, finiscono per diventare di fondamentale importanza nella vita di un uomo, i quali lo accompagnano per svariati anni o in casi ancor più rari anche per tutta la vita.
“Dreams D’Azur” rappresenta per me uno dei lavori appartenenti a quest’ultima categoria, non so ben spiegare il perché senta questo splendido disco dei romani Novembre tanto importante per me, sarà forse la malinconia, il “grigiore”, la speranza, che quest’album mi fa percepire ad ogni ascolto, ripeto non so, ma il capolavoro di cui vi sto parlando (e per me si, questo è un VERO capolavoro) è per me di fondamentale importanza.
Le raffinate menti che hanno dato vita a questo fulcro di emozioni rispondo al nome di Carmelo Orlando (voce e chitarra), Giuseppe Orlando (batteria), Antonio Poletti (chitarre, in veste di session-man, richiamato perché già presente sul disco originale Wish I Could Dream It Again) e Thomas Negrini (tastiere, stesso discorso fatto per il collega Poletti), mentre alle tastiere troviamo Fabio Vignati.
Questo complesso ed affascinante platter si presenta come un misto di diversi generi musicali, paartendo dal death (vera base di partenza della band), per passare a ritmiche doom, parti progressive e tanto black metal, il tutto unito in perfetto equilibrio.
Descrivere le canzoni diventerebbe quasi riduttivo vista la complessità (non solo strumentale, ma passionale) dei pezzi e non riuscirei a descriverne uno (anche se voglio spendere qualche parola in più per “The White Eyed”) visto che di ogni titolo colpisce qualche cosa, partendo dalla malinconia di tracce come “The Dream Of The Old Boats”, al lirismo di canzoni quali “Novembre” o “Nottetempo” (sul precedente disco quest’ultima chiamata Night/At Once) o ancora alla violenza cieca di “Let Me Hate”, “Old Lighthouse Tale” o “Sirens In Filth”; ma cioè che più mi ha spiazzato è la presenza di tutte le caratteristiche sopra citate nel pezzo “The White Eyed”, aperta da un delicatissimo arpeggio di chitarra acustica, che sostiene la buonissima clean voice di Carmelo il quale si trova a recitare con una voce quasi dimessa un testo che si avvicina davvero al concetto di poesia malinconica: qualche secondo dopo questa atmosfera quasi pacifica si dissolve per lasciare posto a parti tiratissime alle quali fanno da contr’altare altre più malinconiche e meno opprimenti e taglienti.
L’album è un ottimo lavoro al di là di tutto (eccetto i gusti, personali e quindi insindacabili) e trovo pertanto difficile che qualcuno posso affermare di trovarsi davanti ad un brutto album senza darne una spiegazione logica (naturalmente :D); magari non tutti lo sentiranno come me, ma so che molti lo apprezzeranno e che qualcuno come il sottoscritto lo ameranno, nel vero senso della parola.
Tracklist:
- The Dream Of The Old Boats
- Novembre
- Nottetempo
- Let Me Hate
- Sirens In Filth
- Swim Seagull In The Sky
- The Music
- Marea
- Old Lighthouse Tale
- The White Eyed
- Neanderthal Sands
- Christal
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