C'era della tensione nell'aria ad accogliere il quinto disco da studio dei Novembre. Tensione causata da un silenzio durato 5 anni (se escludiamo la ristampa 'Dreams D'Azur' l'ultimo disco è 'Novembrine Waltz', del 2001) e dalla volontà di sapere che strada avrebbe intrapreso questa volta un gruppo che in 12 anni di carriera si è rivelato uno dei più versatili e ispirati della scena italiana, purtroppo più apprezzato all'estero che nel nostro Paese.
E i Novembre sono tornati. E come al solito non hanno deluso. 'Materia' è un disco onirico quanto 'Wish I Could Dream It Again' ma più curato. Ricercato quanto 'Arte Novecento' ma meno malinconico. Complesso quanto 'Classica' ma meno aggressivo. Ispirato quanto 'Novembrine Waltz' ma più diretto. Fin dalla prima traccia ci si accorge che qualcosa è cambiato. Lo stile resta riconoscibilissimo tra mille, ma c'è qualcosa che li rende diversi dai Novembre che conoscevamo.
In 'Materia', come in 'Arte Novecento', è completamente assente il cantato in growl, se non qualche breve accenno: una scelta che magari dispiacerà ai fans più vicini all'universo prettamente metal, ma che dimostra la volontà della band di distaccarsi da qualsiasi etichetta e definizione e di cercare il consenso verso una fetta di pubblico più grande. Premo il tasto play e vengo catapultato immediatamente nell'autentica perla del CD: "Verne" è probabilmente una delle migliori tracce composte dai Novembre, una melodia che entra dentro fin dal primo ascolto, con la voce calda di Carmelo Orlando che si mescola alla perfezione alla forza delle chitarre distorte. Poi una pausa, mentre risuonano gli echi della chitarra in phaser... e mi chiedo se fidarmi delle mie orecchie. Potete fidarvi: la seconda parte della canzone è interamente cantata in italiano (l'uso massiccio della lingua nostrana è un'altra delle novità introdotte in questo lavoro), e mette in mostra un testo ispiratissimo.
"I sogni son figli del cuore/Creati in quanto dolore/Spogliati della ragione/Per questo mandati a morire".
E lentamente alla voce di Carmelo Orlando si mescola la melodia della prima strofa, sostenuta dalle chitarre e dalla seconda voce, a centellinare un autentico gioiello rock. Chi ha detto che non si può fare bella musica in italiano ? Segue "Memoria Stoica/Vetro", una traccia scorrevole e immediata, di quelle che non sfigurerebbero su una stazione FM. Anche qui c'è una seconda parte cantata in italiano... un testo malinconico, un amore smarrito... delle emozioni che solo i Novembre possono trasmettere. Una melodia in cui si intrecciano le due chitarre acustiche introduce "Reason", una melodia che poi lascia il posto a un graffiante riff distorto sostenuto da un complesso giro di basso e dalla voce pulita che si mescola alla perfezione al muro sonoro della band. Una pausa brusca: dalle chitarre acustiche sorge una melodia più lenta stavolta, di nuovo accompagnata dalle chitarre distorte, a seguire lo schema compositivo della prima parte, per poi lasciare il posto ad un cambio di tempo e a un nuovo tema, di stampo più solenne, da cui risorge, come un'araba fenice, la spensierata melodia della prima strofa: benvenuti nei 7 minuti e mezzo più complessi del disco. Un applauso alla capacità creativa dei Novembre.
La quarta traccia è "Aquamarine", di cui era da tempo disponibile una sample sul sito ufficiale dei Novembre. Una canzone che ha tutte le carte in regola per entrarti in testa fin dal primo ascolto, con quella melodia accattivante e solare della sua prima parte. Un'altra pausa (sono molte le canzoni di questo disco nettamente divise in due parti) e la voce di Carmelo si fa più malinconica, si lascia nuovamente sostenere dagli intrecci strumentali della band e cresce lentamente, fino a sfociare in uno dei rari episodi in growl del disco. Ma è solo un episodio breve: il growl lascia presto il posto al cantato pulito e alla ripresa della prima strofa che chiude una delle migliori tracce del disco. Una chitarra spagnoleggiante introduce "Jules", mentre il resto della band entra in crescendo, accompagnata dalla doppia cassa del buon Giuseppe Orlando (una costante di questa canzone è proprio il massiccio uso della doppia cassa da parte di quello che è indubbiamente uno dei migliori batteristi italiani) che sostiene la malinconica voce di Carmelo che canta nuovamente in italiano. "Questo passato tornerà/Solo un giorno...". C'è poi la chitarra ad arabescare una melodia eterea mentre la voce torna a cantare in inglese, per poi rallentare fermarsi, e lasciare il posto alla seconda parte della canzone, che altro non è che uno sviluppo della prima in cui viene lasciato più spazio alle doti tecniche dei singoli componenti della band. Un'altra pausa ed entra una chitarra acustica ad accompagnare la voce verso la fine della canzone. Ed eccoci ora davanti ad un'altra perla del disco: "Geppetto" si apre con le chitarre classiche che disegnano un malinconico motivo in 3/4, accompagnate poi dai violini. Entrano poi la batteria e il basso, il ritmo cambia in 4/4 e la voce di Carmelo canta un testo quasi completamente in italiano che sembra uscito dalla storia de Il Vecchio e il Mare. La canzone cresce con l'ingresso delle chitarre distorte, il ritmo cambia nuovamente in 3/4, poi nuovamente in 4/4 per introdurre la seconda strofa. La melodia procede scorrevole, orecchiabile, per poi diventare più solenne, rallentare il passo e lasciare il posto ad una sezione più intima, di nuovo in 3/4, e a un breve assolo di chitarra. Rallenta di nuovo per introdurre una coda scandita da un ritmo solenne, maestoso: una canzone capace di emozionare come poche, nella sua tenerezza, nella sua complessità, nel suo sapore così mediterraneo, tuttavia originale.
Una doppia cassa da death metal e le chitarre distorte introducono "Comedy" (e anche qui è da notare la prestazione quasi disumana del batterista): un'intro quasi insolita vista l'atmosfera del disco. Ma lentamente la furia si placa, e lascia il posto ad un altra traccia riuscitissima: melodica ma potente, in puro stile Novembre, che al suo interno contiene un bellissimo assolo di chitarra. La voce è malinconica, si snoda tra gli ingranaggi sonori della band come un veleno, esplode in un lungo urlo, torna al suo timbro: una prova eccellente di flessibilità vocale. Ed eccoci ora ad un'altra perla del disco: "The Promise" si apre con un sintetizzatore (che accompagna tutta la canzone), a cui poi si sovrappone una chitarra eterea, e la voce di Carmelo che nel meraviglioso ritornello si confronta anche con il falsetto: una traccia che entra dentro fin da subito, e che avrete voglia di ascoltare mille volte. La title-track si apre con una ritmica solenne, quasi doom (quasi a voler ricordare le radici metal dei Novembre), per poi accelerare nella seconda parte, lasciando il posto per un attimo ai violini che riprendono la melodia di "Memoria Stoica/Vetro", quindi al secondo episodio in growl del disco che va a chiudere la canzone. Ora è il turno di quel gioiello che è "Croma": una serenata in 3/4 scandita dalla chitarra classica, dai violini e dalla voce di Carmelo che appare lontana ed evanescente, mentre canta in italiano: una prima parte semplicemente da brividi. La canzone cresce lentamente, con l'ingresso del resto della band, raggiunge il suo culmine in un ritornello intimo, in cui la voce si confronta nuovamente con il falsetto, e quindi, sulle note del rullante, vira improvvisamente: cambia il tempo, diventa meno sognante, più diretta. Nell'ultima parte troviamo un growl quasi inaspettato ma non inopportuno, mentre le chitarre disegnano la melodia che conduce all'ultima traccia, "Nothijngrad". Introdotta da un intreccio dal sapore quasi medioevale parte con una forte ritmica scandita dalla batteria, è uno dei momenti più complessi del disco, con i suoi cambi di tempo, i suoi numerosi riff e le ritmiche ricercate. Da brividi la parte in cui la doppia voce (una pulita, una in growl) cantano la stessa strofa. Esaminare nei dettagli tutti i momenti di questa canzone è un'impresa impossibile quindi mi limito a dire: ascoltatela e stupitevi.
Così come, che siate o meno fans dei Novembre, vi consiglio di ascoltare per intero questo disco. Magari anche più volte: perchè è uno di quei dischi che nella sua complessità non si svela subito, e non manca mai di conservare sorprese agli ascolti successivi. È un disco che può suscitare in ognuno emozioni diverse, reazioni diverse, ma non lasciare indifferenti. Un altro capolavoro targato Novembre.
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