Questa volta non siamo a livelli normali. No, non è possibile. “Verne” non è normale. Sembra si siano strappati dal petto i loro sentimenti più intensi con le nude mani, con le unghia insanguinate.
C’è un cielo bianco che copre ogni cosa, un lungo, infinito e magico orizzonte che si perde, si perde in balia del nulla, come la nostra mente, il nostro cuore, immersi in un oceano profondo quanto il nostro angolino più recondito dell’animo. Questa volta sono destabilizzanti.
Questa volta non c’è giudizio, no, sono le lacrime che sgorgano a fiumi a parlare per noi. Questa volta si tratta di perle di bellezza non rara, UNICA. Perché loro sono unici, i Novembre sono UNICI.
Si, siamo d’accordo, ci avevano già abituati a questi duri colpi, a queste emozioni così violente. Ma se abbiamo dovuto aspettare ben 5 anni un motivo ci sarà, non si può partorire un disco qualunque dopo 5 anni, non è possibile, soprattutto se si parla di una band che è stata capace di creare capolavori superbi in molto meno tempo.
Questa volta signori miei si parla di un’opera magistrale, non una perla, ma un diamante nero e splendente. Ascoltare gli arpeggi di “Geppetto” è un’esperienza che consiglio a tutti di provare, così come è surreale perdersi nelle contorsioni dal sapore rock di "Nothijngrad” …
Questa volta Carmelo ha scelto di esprimersi il più delle volte nella sua lingua madre, un italiano che sa di esotico persino a noi italiani, un italiano che sa farci sognare ad occhi aperti senza nemmeno farcene rendere conto… La storia di “Geppetto” sembra quella del Vecchio e il Mare, tenera e avvolgente… mentre “Verne” … beh, “Verne” dovete ascoltarla per capire, non si possono spiegare a parole, i brividi lungo la schiena che riesce a provocare, è un sogno senza tempo, senza inconscio e senza risveglio, solo un tunnel di sentimento puro…
E come non citare “Comedia” ? Un attacco strumentale quasi death metal ma ricco di epicità atmosferica lascia presto il passo ad uno dei brani più dolci e rock del disco, ricco di spunti sottili e quasi pinkfloydiani, un'altra lacrima che scende giù lasciando impietriti. Si perché “Materia” non è formata da 11 canzoni ma da 11 lacrime, che scorrono senza chiedere permesso a nessuno appena i primissimi secondi dell’album invadono le casse dello stereo.
C’è complessità, arpeggi eterei, riff chiaroscurali, e una voce che quasi mai cede la staffetta al growl; qui Carmelo si concede al pulito, si dona tutto alla melodia, ripescando lo stile malinconico di “Arte Novecento”. Ma qui c’è anche quell’atmosfera sognante propria di “Novembrine Waltz”, così come quel sapore mediterraneo di “Wish I Could Dream It Again… ”.
Manca solo la drammaticità disperata di “Classica” qui dentro, ma è perfetto così, perché “Materia” è fondamentalmente un disco delicato, che vuole accarezzare dolcemente l’anima, e non ferirla a colpi di schitarrate o violenti growl senza speranza. Tutto ciò è sublime, è una strage emotiva, un massacro di cuori, una drammaticità dolce e convincente come pochissime altre band sarebbero in grado, oggi, di replicare.
I Novembre sono un vanto dell’Italia. Teneteveli stretti… mentre entrate a Nothijngrad…
“I sogni son figli del cuore, Creati in quanto dolore, Spogliati della ragione, Per questo mandati a morire…”
Carico i commenti... con calma