«Steve! Puoi toglierti quel chiodino di garofano dal culo mentre canti?».

«Sai cosa canterai tu, Spampy, tra un mesetto al centro Alzheimer? Hey, ma chi ha cagato nelle mie mutande?».



Mi sembra di sentire i loro amorevoli scambi sul palchetto.



Il Nuovo Quintetto di Rythm'n'Blues, tanto per cominciare, è un quartetto. Anche per questo motivo, oltre alla cover di Sun Ra al debutto (“Rocket #9”), danno l'impressione di essere un gruppo di albicoccati. Al di fuori della Florida, si sono formati a Miami, la loro fama è assai modesta. Tuttavia questa sconquassata bar band, perché di questo si tratta, cazzutissima, nata nel 1967 e avvezza ai festival jazz, blues, country e folk, annovera fra i suoi incoraggianti fan Elvis Costello, Paul McCartney e Keith Richards. E naturalmente Ira Kaplan (YLT). E, vabbè, anche Bonnie Raitt.

Un gruppo eclettico, prudentemente innovativo, con un'unica pretesa: divertirsi facendo musica. R&B, rockabilly, Mersey beat, jazz esplorativo, eccetera, ma tutto sanguigno, trasandato per scelta e fruttuosamente irriverente con le tradizioni. Gli NRBQ vanno e vengono tra il quieto fintamente accigliato, il ballabile largamente casual e il divertissement paffuto e beffardo. Cioè tra categorie tutte loro. Talento (specie come musicisti) ne avevano, ma se ne fottevano, passando di contratto in contratto, ripetutamente licenziati. O non hanno mai voluto crescere oppure la loro grandezza, sin dall’inizio, era già un’onesta e garrula misura. “At the Yankee Stadium” (album del 1978, accreditato in genere come loro migliore) non ci sono mai stati a suonare. Il titolo era una bufala. Hanno sempre accordato la loro preferenza, invece, a bettole e a piccoli locali di quart’ordine. Così come alla birra gelata (per le gare di t-shirt bagnate). O al polpettone e alle mentine (per i brunch delle commemorazioni funebri).

All Hopped Up” esce nel 1977 per la Red Rooster. La formazione prevedeva Terry Adams (piano, voce), Steve Ferguson (chitarra, voce), entrambi di Louisville, Kentucky, Joey Spampinato (basso, voce) originario del Bronx, e Tom Ardolino, un fan, ultimo arrivato a cementare la formazione stabile fino alla metà dei '90. Il lavoro è contraddistinto da carezzevoli melodie pop, ballate meticce e spasmi R&B. Tra i brani il quintessenziale e stralunato idillio di “Ridin' In My Car” (storia vagamente onirica di uno scaricato), una elusiva versione free-jazz da un minuto del tema di Bonanza, il piano sgangherato di Adams nell’affabile “Things To You” («Sei un vero sogno che si avvera/ Sei come un cielo limpido di blu/ Cerchiamo di essere uno più uno»), l’arroventata cover di Big Joe Turner “Honey Hush”.



«Terry, il tuo canto è come l’acqua!».

«Prezioso?».

«No. Umile e incolore».

«Ma vaffanculo!».

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