Continua la gavetta di band assolutamente originali ed incomparabili tra le schiera della Prophecy Records. Il debutto d'annata 2006 degli elvetici Nucleus Torn, dal filosofico titolo "Nihil", è l'ennesimo colpo grosso per la famosa label.
Dietro a questo misconosciuto monicker si cela un complesso nato qualche anno fa come solo project dedito a sonorità folk. L'idea embrionale si è poi espansa fino ad arrivare alla nascita di una formazione composta da ben sette elementi: Anouk Hiedi (flauto), Fredy Schnyder (chitarra, basso e tastiera), Rebecca Hagmann (violoncello), Christoph Steiner (batteria), Christine Schüpbach-Käser (violino), Patrick Schaad e Maria D'Alessandro (voci), allargando i propri orizzonti musicali, sconfinando nei territori della musica classica e del metal più estremo. I risultati ottenuti in tempo relativamente breve (l'album è stato inizialmente pubblicato come autoproduzione e, a seguito del sold out, la Prophecy ha deciso di ristamparlo sotto la propria ala) sono apprezzabili e, nonostante il rischio di mettere troppa carne al fuoco e di non seguire un percorso ben definito sia tangibile, qualsiasi possibilità d'annoiarsi è stata smussata dalla non eccessiva durata del platter (37 minuti in totale), nonché dalle indubbie capacità di stupire intrise nella variegata arte di questi abili musicisti.
L'opener "Glass spirit" è quanto di più inusuale mi sia capitato di ascoltare negli ultimi periodi; niente oscurità, ma solo dolci melodie invernali (mi verrebbe da dire natalizie) ricreate dalla strumentazione acustica e dalla voce di Maria, forse un po' troppo superficiale nell'interpretazione per rischiare di emozionare. Insomma, begli arrangiamenti e belle atmosfere, ma forse il lavoro della cantante è fin troppo manieristico. Il compito di scaldare l'anima e le membra è delegato infatti al collega Patrick, un menestrello con la M maiuscola, veramente a proprio agio sui tappeti di chitarra acustica, flauto e percussioni che introducono "Traveller's rest", che dopo solo due minuti subisce un'improvvisa metamorfosi per stupire l'ignaro ascoltatore con un aggressivo ritornello metallico, che solo alla fine del brano farà ritorno. I restanti minuti che lo compongono sono invece sospesi tra divagazioni acustiche, melodie folk e prog rock. Bellissimi i sottofondi d'archi, ma il vero highlight è la voce del già citato Patrick. Il passo viene ceduto a "Night's grace", break pianistico di chiara ispirazione classica, dal ritmo lento ma oscuro. Un pezzo ben suonato ma tutto sommato scollegato dal resto della tracklist: infatti a fare da apripista alla successiva "Summer bled" troviamo acide chitarre dal gusto psichedelico e doom, inquietanti nel loro sovrapporsi agli archi ed alle lancinanti litanie emanate dalla voce del cantante. Il violoncello ed il flauto che rompono la tensione a metà traccia trasportano in una dimensione notturna e nebbiosa, ma proprio quando meno ce lo aspettiamo veniamo nuovamente investiti da una scarica di suoni elettrici e catturati all'interno di un vortice musicale tanto insolito quanto irresistibile, il cui finale è affidato al lungo riverbero creato dallo stridere della chitarra. Sensazione straniante levigata da un dolce arpeggio di chitarra acustica, particolare connubio che non potrà sicuramente essere apprezzato da tutti.
"Close" vede il ritorno della female singer dietro al microfono; Maria canta per poco più di un minuto e senza alcun accompagnamento, una nenia che sa di tristezza, di sconforto e d'abbandono eterno, qualcosa di simile a certe melodie dei primi The 3rd And The Mortal. La musica classica è la padrona incontrastata di "The sunclad", dolce e rasserenante nel suo etereo cullarsi su archi, flauto, pianoforte accompagnati dalla filastrocca cantata da Maria (ancora un po' troppo avara di emozioni per i miei gusti) e la conclusiva "Peregrina sublime" è un vero e proprio calcio in faccia. Ritmi serrati di chiara matrice estrema si susseguono ininterrottamente a divagazioni acustiche, facendo un po' un sunto di quanto sentito nelle altre tracce. Non sarà un capolavoro ma l'intento di coniugare in una sola canzone tutti gli elementi del proprio sound dispersi qua e là è quantomeno apprezzabile.
"Nihil" è senza ombra di dubbio un bel disco, ben suonato, prodotto eccellentemente ed atipico rispetto ai canoni del folk metal, ma l'unico difetto che presenta è davvero troppo pedante per non essere preso in considerazione. Infatti di un Nucleus Torn style non si può ancora parlare: ogni episodio è quasi completamente slegato dagli altri e l'album sembra una compilation che racchiude i più disparati generi musicali al proprio interno, il cui unico punto di continuità è la presenza degli stessi musicisti dietro ad ogni brano. Riguardo al futuro stilistico della band lasciamo dunque ai posteri l'ardua sentenza; per quanto riguarda quanto ascoltato all'interno del disco in questione, posso affermare con tranquillità che la qualità è più che evidente (il voto che vedete è la media di quelli di ogni singolo brano) e merita d'essere premiato almeno da un ascolto, che non potrà che spiazzare anche l'ascoltatore più colto e quello meno sprovveduto.
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