Salve a tutti,
è la prima recensione che scrivo e mi espongo consapevolmente, da quello che ho sempre letto su questo meraviglioso e brillante sito, a qualsiasi tipo di insulto/bestemmia/ignominia che lor signori di certo mi riserveranno come hanno gentilmente e affettuosamente riservato ad ogni rece riguardante gli odiatissimi Oasis. I fratelli Gallagher, per il gaudio di voi illustrissimi utenti, torneranno a breve con un nuovo lavoro, dopo più di tre anni di assenza dalla scena musicale. Bruttissima notizia per chi non ha mai sopportato i due consanguinei di Manchesta e dopo quasi 15 anni non ne può proprio più di quella voce agonizzante e quel rock'n roll anacronistico. Di quella posizione sghemba. Di quei quattro giri di chitarre in croce. Di quella tendenza alla scopiazzatura, al riciclo, al furto artistico. Di quella strafottenza presuntuosa, di quella immensa mancanza di rispetto nei confronti dei fan, di quella aria pompata da super star d'altri tempi.
Se è vero tutto ciò, è anche vero che gli Oasis sono un gruppo che, volente o nolente, ha contribuito a scrivere una parte (anche se minima) della storia musicale degli ultimi anni. Sono usciti dall'anonimato, hanno assunto un proprio stile e una propria personalità ben definita, hanno scritto un paio di ottimi album, hanno lanciato ottime canzoni di successo internazionale, e, indubbiamente, hanno talento. Hanno fascino. Hanno stile. E nell'attesa che sfornino il loro prossimo lp, è bello tornare con la memoria ai fastosi inizi datati 30 agosto 1994, giorno in cui esce "Definitely Maybe". Il debutto della band vende 10 milioni di copie in ogni angolo del pianeta e proietta a velocità stratosferica un paio di scapestrati di provincia in star assolute del panorama musicale degli anni '90.
L'album risulta a tratti scialbo e impreciso nella realizzazione, e mostra in alcuni punti la fretta e l'inesperienza di chi l'ha registrato. E se si scorre la tracklist, si individuano alcuni pezzi insignificanti e quasi fastidiosamente irritanti: "Digsy's Dinner", canzoncina facile, orecchiabile e dal testo penoso, "Shakermaker", in cui la ricerca della psichedelia sfocia nel ridicolo e nell'imbarazzante, "Up in the sky" e"Married with children" che rappresentano canzoni di passaggio che non lasciano il benchè minimo ricordo di sè. Ovviamente, non è tutto così penoso:c'è un gruppo di tracce molto rock, veloci, distorte e graffianti ("Rock'n' Roll Star", "Bring it on down" "Columbia" "Cigarettes and Alcohol") che rivelano l'anima che permea tutto l'album, il tratto molto rockeggiante che costituisce il nocciolo e la vera identità del loro lavoro. E infine ci sono le tre canzoni principali del disco, che sono ancora oggi tra le più belle della loro intera produzione: "Supersonic", con il suo riff accattivante e il suo sound che richiama il rock d'altri tempi, "Slide Away", splendida ballata sentimentale e, soprattutto, "Live Forever", la canzone Oasis per eccellenza, geniale e originale, perfetta nella sua semplicità e magica nel suo testo sognante.
Recensire questo album può apparire forse inutile e anacronistico, ma può servire per rivalutare e riconsiderare nella giusta maniera l'esperienza di questo gruppo,fornendone un giudizio oggettivo e competente che rappresenti una via di mezzo tra l'iper esaltazione incondizionata dei sedicenni rock'n'roll che si masturbano pensando a Liam Gallagher e gli espertoni intrisi di anni '70 e di musica alternativa che condannano e sminuiscono a priori tutto ciò che ha successo.
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