Dopo gli storici Slowly We Rot e Cause Of Death, tornano nel 1992 i "morti viventi" con The End Complete. La formazione di Tampa si ripresenta in studio con la stessa line-up del grezzo esordio: esce dunque il talentuoso James Murphy, solito girovagare con la sua sei corde da una band all'altra, e riappare nella "lista necrologica" il nome del chitarrista Allen West. In cabina di regia si accomoda, ovviamente, il "deus ex machina" Scott Burns, e si sente: la produzione di The End Complete è infatti notevole, perfetta nel mettere in luce il timbro graffiante e pastoso delle chitarre.

Terminate le presentazioni, per forza di cose brevi trattandosi di uno dei gruppi death più celebri e "navigati", passiamo direttamente all'analisi del disco.
Le ottime "Killing Time", "Dead Silence", "Corrosive" e in generale tutti i pezzi del disco presentano una dinamica piuttosto semplice: troviamo ritmiche medio-lente mescolate (in maniera a volte un po' prevedibile) con tempi decisamente più veloci ma in fondo abbastanza thrasheggianti. Il classico "Obituary-style" a cui ci avevano abituato i precedenti lavori, quindi. Va comunque tenuto presente che queste variazioni ritmiche, per quanto semplici, hanno di fatto rappresentato un vero e proprio manuale a uso e consumo di moltissime altre band: l'importanza degli Obituary è insomma fuori discussione. Assoli decadenti e porzioni strumentali non mancano (stupisce la lunghezza ossessiva delle outro, come quella della title-track), ma a fare la gioia del deathster sono soprattutto le parti in cui imperversa il growl di John Tardy, che guadagna parecchi punti in espressività e ferocia quando i toni si fanno meno sostenuti: le strazianti strofe di "In The End Of Life", ad esempio, sono lo sfondo sonoro perfetto per le malsane linee vocali del "Morto Vivente". Al growl di Tardy tengono botto le chitarre, impegnate in veloci fraseggi death e massicci power-chords di chiara derivazione doom; efficaci risultano anche molti grooves (vedi i primi novanta secondi di "Killing Time") che contribuiscono a rendere più eterogeneo il riffing, pur non scongiurando completamente una certa ripetitività di fondo.

Ascoltando The End Complete risulta dunque evidente che gli Obituary prediligono un death metal diretto e secco che punta molto sulla forza dell'impatto (e poco sulla qualità tecnica, va detto), sul coinvolgimento emotivo piuttosto che su quello cerebrale. Proprio per questo motivo assume una grande importanza il mood: intendiamoci, gli Obituary non raggiungono certo i livelli di morbosità e di terrore sonoro propri di altre band, ma riescono comunque a creare un'atmosfera a suo modo putrida e mortifera. Un atmosfera, peraltro, che è degna colonna sonora di lyrics votate al più nero pessimismo, affrontando temi come il dolore (emblematica "I'm In Pain"), la corruzione del corpo e, naturaliter, la morte, vuoi per mano di improbabili serial killer o per cause naturali.

Tirando le somme, The End Complete è un lavoro che prosegue con coerenza il discorso iniziato dai fratelli Tardy & co. nel lontano 1989. Un buon album, a cui però non può essere assegnato il massimo dei voti: la semplicità, a tratti quasi grossolana, del songwriting, la perizia tecnica discreta ma nulla più e la ripetizione pedissequa di certi stilemi rischiano infatti di rendere l'ascolto alla lunga poco interessante, soprattutto per chi è patito di sonorità sì estreme ma più intricate e tecniche. In ogni caso, The End Complete rimane uno dei dischi fondamentali del death "originario".

Un ultimo consiglio: dato che la proposta degli Obituary è, almeno in base alla mia esperienza, una delle più "accessibili" in ambito death (all'epoca TEC vendette "la bellezza" di 200.000 copie), mi sento di poter consigliare quest'album, o anche i due precedenti, a quanti desiderano esplorare i territori più estremi del metal. Ascoltate e giudicate.

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