Si posa il coltello sulla pelle della gola. Si vorrebbe conficcare, come dotato di volontà, fino al manico; osso, ottone, acciaio e l'incisione "Feldmann" che si intridono di sangue. Quando la bassa marea si sconvolge accanita sulla spiaggia dell'esistenza  non ci si può risparmiare nulla. Accoltellarsi alla gola in uno stato di folle eccitazione, perché ti viene detto da una canzone, potrebbe sembrare grottesco; e infatti lo è.

Per cui decido che, cazzo, forse "Low Tide" non vuole che mi apra un nuovo orifizio sul collo. E allora non resta altro da fare se non affondare i denti nel sughero di una bottiglia di vino e lasciarsi andare, in un tramonto di fine maggio, ad una danza ossessiva che fa schizzare i sassi della riva del Brenta, le unghie sporche di terra, neri brandelli di pelle affumicata e gocce di un sudore nato trasparente e morto scuro, sulle pietre.

Perché è questo ciò di cui ho bisogno in questa notte: essere sporco di terra, stare aggrappato al suolo con tutte le mie forze, confuso tra le acque, il fango e i grilli, con una bottiglia in mano, mentre gli amici stanno a vivere attorno al fuoco, mentre il dissennato capolavoro "Vacant moan" si riversa nell'aria. Ho bisogno di sentire una vita ubriaca, urlante, avida di fare a pezzi ogni cosa nell'attesa di un giorno finale che potrebbe bussare alla mia porta tra decenni, o domani all'alba. E ad ogni modo non ci saranno padrini ad assistere al duello e a stabilirne un'inutile equità.

Stanotte sono una bestia che grida fino a finire le corde vocali, che beve fino a non vedere più le stelle disunite ma raccolte sotto trame eroiche, che corre attorno a grandi fuochi accesi sulla sabbia, rovente come la paura di lasciare la vita alla morte.

E mi piace pensare che gli O'Death siano come li immagino e come escono dalle loro canzoni: sinceri e caotici, violenti contro la morte e fratelli con chi trovano riverso lungo le strade di sabbia o appoggiato, quasi crocefisso,  ad uno steccato con più chiodi che legno; come David Rogers-Berry, batterista del gruppo, reduce dalla guarigione da un tumore osseo, tornato alla vita e alla vita di strada degli O'Death.

E se in una di queste notti vi doveste tramutare in licantropi, questa è la colonna sonora migliore per galoppate sulle colline, rapimenti di capi di bestiame, devastazioni di fattorie, ululati alla luna e alle stelle e attacchi sconsiderati a uomini armati di fiaccole e fucili: folk-punk veloce come uno sputo, grezzo come un moonshiner cirrotico e carico di umori acidi e violenti. Qui non c'è spazio per raffinatezze cittadine: solo impura, fecciosa merda americana. Musica appalachiana, punk acustico con tracce di Violent Femmes, lievi iniezioni heavy metal (apportate dal truce bassista Jesse Newman), country, bluegrass, una voce che ricorda un Will Oldham privo di vaccinazione antirabbica (Greg Jamie, cantante e chitarrista), percussioni costruite pescando ciarpame dalle soffitte, un fiddling brutale, banjo e ukulele (chi ha detto che la chitarra elettrica è lo strumento punk rock per eccellenza? Ascoltate Gabe Darling e ne riparliamo): 14 inni spezzati per vite mangiate vive tra i boschi e nei più atroci deserti.

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