Ammetto d’essermi avvicinato con una certa leggerezza ed un sopracciglio più inarcato del solito a questo disco: sarà che la nuova ondata indie-folk mi ha da sempre attratto come nemmeno un sextape con La Russa feat. Gelmini potrebbe ma son sempre rimasto un po’ alla larga da quel fenomeno che da qualche tempo imperversa nelle radio e nelle classifiche di tutto il mondo (un po’ meno nelle nostre a dire il vero).

Gli islandesi Of Monsters and Men, sestetto capeggiato dalle chitarre e voci degli impronunciabili Nanna Bryndís Hilmarsdóttir e Ragnar Þórhallsson, uniscono nel 2010 gli sforzi e partecipano ad un concorso annuale volto alla scoperta di nuovi talenti e, guarda caso, lo vincono. Da lì in poi è un crescendo di partecipazioni radiofoniche e popolarità che li porta alla pubblicazione, nell’Agosto del 2011, del loro primo album intitolato appunto “My Head is an Animal”, ripubblicato l’anno successivo dalla Universal, che garantisce ai nostri una maggiore visibilità  sulla scia del dirompente singolo ‘’Little Talks’’.

L’album debutta addirittura alla n.6 della americana Billboard, vendendo ad oggi quasi settecentomila copie nel solo mercato Usa.

‘’My Head is an Animal’’ si apre con l’ottima ‘’Dirty Paws’’, brano che da subito segna le scelte stilistiche del combo: arpeggi delicati su cui si snodano le armonizzazioni vocali dei due, ottimi, cantanti su tappeti intessuti di tanta, tanta melodia. Melodia che è presente anche nella successiva e fiabesca ‘’King and Lionheart’’, cantata quasi interamente da Nanna (che non è però un incentivo ad addormentarsi ascoltandola). ‘’Mountain Sound’’, primo dei due brani presenti nella riedizione del 2012, movimenta ed accelera i battiti sonori; ritmi ska nella celebre (anche da noi) ''Little Talks'', canzone che personalmente ho apprezzato il giusto ma di cui riconosco una certa orecchiabilità, con i due nostri che si alternano alla voce per poi riunirsi in un ritornello tremendamente catchy. Entriamo nella seconda parte del disco, che personalmente è la mia preferita: ‘’Love Love Love’’ con un’intro che mi ricorda tantissimo Yann Tiersen, è una splendida canzone d’amore dal gusto retroamaro (‘’You love love love when You know I can’t love’’); ‘’Your Bones’’, brano dal sapore quasi epico che si apre con dei versi cantati quasi interamente a cappella, ci ricorda che ogni cosa, nel tempo muta, anche noi stessi ma ciò che conta davvero è non snaturarsi mai (‘’Hold on to what we are, hold on to your heart’’); ‘’Sloom’’, la mia preferita, è una poesia leggera e delicata che i nostri dedicano ai propri affetti invitandoli ad amarli ancora nonostante tutto, perché crescendo ognuno di noi cerca con tutta la propria volontà di diventare una persona migliore (‘’to be a better man’’).

Gli Of Monsters and Men hanno realizzato un debutto che, personalmente, ho apprezzato molto. 

Muovendosi abilmente tra Arcade Fire, Fleet Foxes e The xx e facendo leva sui propri, semplici, punti di forza hanno confezionato un prodotto leggero (nel senso positivo del termine), tremendamente melodico e in alcuni momenti persino poetico. Sarà che da qualche giorno sembra finalmente esser arrivata anche qui in alta Terronia una ventata di primavera, sarà che anch’io come Pif (che ha da poco dedicato una puntata de Il Testimone a quest’affascinantissima terra) ho un certo debole per le bionde, ma io li promuovo ed anche a pieni voti. E a Giugno me li vado anche a vedere in Francia, che magari con la storia dell’italiano all’estero e qualche bicchiere di birra in più giù per lo stomaco, la bionda ci casca per davvero.

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