Offlaga Disco Pax Socialismo Tascabile
“Come souvenir ho preso trenta confezioni di wafer Tatranky, pacchetti tipo Loacker ma molto più buoni. Solo dopo qualche giorno ho notato un marchio un po’ nascosto: Danone. Ci hanno veramente presto tutto. Ci hanno davvero preso tutto” (Max Collini Tatranky)
Ci hanno veramente presto tutto. Ci hanno davvero preso tutto. Che significato può avere una canzone? Beh ne può avere tanti: può parlare d’amore, di disperazione, di politica, di morte…
Ecco un disco dove tanti significati si intrecciano e si uniscono tra loro, in un misto tra residuo orgoglio, malinconia e disillusione.
Gli Offlaga Disco Pax sono tre ragazzi sui trenta, che vengono da Cavriago in provincia di Reggio Emilia, città famosa per essere l’ultimo baluardo di un ideale oramai scomparso, considerato alla stregua di un parente scomodo: il comunismo. In tutti questi anni dalla fine del regime sovietico in Russia, tanti testi si sono consumati, tanti accordi si sono straziati di fronte a tale evento, ma mai nessun gruppo aveva mai raccontato con dignità e credibilità la fine di un epoca, la fine di un sogno pesante come questo. Almeno fino a questo album.
"Socialismo Tascabile" è un ritratto pieno di flashback, ricordi dolorosi, di una realtà cinicamente diversa, cambiata nelle speranze, un’autobiografia di anime snaturate dalla propria identità, anche nei particolari, come racconta Max Collini in "Cinnamon". Il segreto (cosa compresa da pochi), nascosto in "Robespierre", sta nel raccontare episodi apparentemente insignificanti, racconti laterali di piccoli momenti di quotidianità socialista, come se fosse un corollario di eventi, un cassetto di ricordi, un malinconico almanacco.
Analizzare dal punto di vista strettamente musicale un album come questo, sembra inutile, inadeguato, è come commentare la bellezza dei fiori in una bara. Perchè di funerale si tratta, si commemora la morte dei Cccp, degli Area, e in questo caso la banda suona con sintetizzatori e voce narrante, come in un documentario di un mondo che non c’è più e mai ci sarà. Cosa rimane allora? Rimane un busto di Lenin che piange lacrime bianche, emblema della rassegnazione, raccontata in "Piccola Pietroburgo". La fine di un amore, raccontato in "De Fonseca, non è solo l’addio a una donna, ma ad un universo.
Un universo che nel 1975 era in espansione, ma che ora, risucchiato da un buco nero, lascia un silenzio che chiude l’album nei 18 minuti finali. Interminabili come un addio.
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