Nell'anno dei gruppi bulimici, fra i King Gizzard che annunciano 5 dischi solo nel 2017, e gruppi che viaggiano ad un disco all'anno se non di più, come i Thee Ohsees, quello che stupisce è l'inaspettata validità degli stessi.

La band di John Dwyer lo scorso anno ha fatto una scelta intelligente, ossia quella di inoculare nel loro garage il vibrione del kraut, allargandone gli orizzonti e ibridarlo, a volte anche grossolanamente, con elettronica analogica e psichedelia meno allineata, pubblicando due dischi (”Weird Exits” e “Odd Entrances”) che sono tra le loro migliori uscite di sempre. “Orc” riprende quel filo, cercando però di fondere all'interno dello stesso brano, l'anima psych a quella del garage a mille. Il risultato è altalenante, ma dipende da che lato vi piace dei Thee Ohsees. Se vi piace l'assalto alla baionetta, l'iniziale “The Static God” vi farà sbavare. Ma è uno specchio per le allodole, perchè da li in poi le cose si complicano: “Nite Expo” ha i chitarroni ma anche un andamento sinusoidale accompagnato da un synth acido; “Animated Violence” fino a metà è un pezzo quasi metal, poi inaspettatamente rallenta in una coda tribale e psichedelica non male. Inoltre il minutaggio sale notevolmente. La durata media supera tranquillamente i 5 minuti, frullando all'interno come detto l'anima duplice della band.

Anche dove le chitarre urlano, il passo rimane lento e ipnotico (“Drowned Beast”) o addirittura quasi prog (“Raw Optics”), con esperimenti estremi come i Grateful Dead analogici di “Paranoise”, la guerra fra batteria rutilante e chitarre piene e vuote di “Jettisoned” o una ballad stralunata e heavy come “Cadaver Dog”. Asso pigliatutto e pezzo monstre di ben 8 minuti “Keys To The Castle”, brano assurdo sballottato fra l'assalto frontale iniziale, una brusca frenata da botta di tranquillanti, che continua con un andamento rarefatto e impreziosito da un violino, che percorre una melodia araba imprevedibile. Brano che da solo rappresenta la chiave per entrare nel castello mentale di Dwyer & soci.

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