Siamo nel 1990. L’anno prima della dissoluzione del CCCP: “l’impero” sovietico che da decenni terrorizzava metà del mondo e a volte anche l’altra metà. Proprio questa Russia agli sgoccioli con il comunismo e retta da Boris Yeltsin è stata patria di uno degli album di musica elettronica più naif prodotti da quel lato della cortina di ferro. Sotto l’etichetta discografica Melodiya, l’unica label concessa dal regime e ovviamente proprietà dello stato, esce Автопортрет di Юрий Бучма opera che fonde sonorità new wave/synth pop con musica classica di età impressionistica, musica da videogame e dance anni 80. Il tutto rigorosamente suonato con sintetizzatori vintage (vintage anche per l’epoca) e drum machine molto molto elettroniche.
Già dall’apertura Дождик si può assaporare un atmosfera che richiama chiaramente al freddo dell’inverno Sovietico ma con il beneficio del calore della melodia che, come un sorso di vodka davanti al camino di casa, riscalda l’atmosfera. I suoni della tastiera Roland D-50 sono enigmatici ma aggrazziati. Автопортрет invece si regge su sospiri prolungati sostenuti da alcuni “pluck” note battute quasi percussivamente e rappresenta uno dei punti più alti del disco. Sebbene relativamente monotona e reiterata questa canzone possiede una cadenza così ipnotica e un finale così cheesy che la rendono adorabile. Здравствуй, Киев invece è un tentativo non pienamente riuscito di musica easy listening vicino alla classica. Niente che non si possa trovare anche in un nostrano Fausto Papetti. Il discorso è decisamente diverso con Чернобыль. год спустя (letteralmente traducibile con “Chernobyl. un anno dopo”) che seppure mantendendo lo stile della precedente riesce ad azzeccare un malinconico arrangiamento, sì misterioso ma anche folkloristico e vicino alla wave in certi passaggi. Questa traccia è sorretta da un tema quasi universale nella suo linguaggio musicale, può richiamare all’estrema povertà rurale di quel paesaggio ucraino irradiato come alle spiagge di Miami, accompagnata nell’intro e nell’outro solo da un basso che tiene i quarti e un coro digitale “vagamente femminile”. Quindi è la dance XXI век che, con stratagemmi simili alla precedente, suggerisce una ripresa di vitalità, una corsa, un affanno. La seconda metà del brano è un turbinio di effetti e arpeggator dal sapore sperimentale che ci proietta direttamente dentro a Летающая тарелка l’altro pezzaccio dell’LP, canzoncina molto più vicina al Jarre di Equinoxe. Il tum tum pah quindi volge al termine e la seguente Мираж parte molto bene ma si perde un po nello svolgimento, nonostante sfoderi un tema piuttosto memorabile/memorizzabile. Чёрный кофе invece è innegabilmente un breve scherzoso tentativo di musica da videogame o anche se queste non erano le intenzioni lo si dimostra nell’ascolto. Un misto di Donkey Kong Country e videogiochi per piccini dei Looney Tunes, che in URSS, all’epoca, non c’erano. Provo una nostalgia tremenda per la PS1 ascoldando questa canzone, richiama paesaggi alla Spyro e prende sempre in contropiede ad un ascolto compressivo dell’opera. Дискуссионный клуб ritorna su territori già battuti ma con la freschezza di una melodia sognante divisa tra un fraseggio più ballabile e un bridge più crepuscolare. Anche questa brevissima. На астероиде possiede invece tutti i meccanismi che ne farebbero una precursore della vaporwave e addirittura qualche sparso fill di batteria alla Phil Collins. Контрасты в голубом torna alle sountrack per giochi ma non con altrettanto successo di quanto sentito prima e si avvicina più ad un Mortal Kombat, al quale però sono meno legato e di cui quindi non ne subisco pienamente l’effetto nostalgico.
Questo gigantesco disco si trova solo in vinile e non è mai stato ristampato. Su Discogs meno di un centinaio di persone hanno dichiarato di possederlo, almeno l’ultima volta che ho controllato. Lo trovate quasi unicamente venduto in paesi che facevano parte del vecchio Patto di Varsavia. Brutto ma con stile.
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