Nel giardino del passato di ognuno di noi ci sono i ricordi. C’è chi questo lo tiene curato, viene a fargli visita e sovente spunta le piante, pulisce le statue dell’orrore, pota gli alberi di gioia, taglia i prati degli amori persi. Ognuno di noi ha un proprio rapporto con gli avvenimenti formativi della nostra esistenza. C’è chi quei prati li lascia incolti per sempre lasciando crescere indistintamente la vegetazione che assume caratteri di una macchia impenetrabile.

Per il sottoscritto la musica spesso apre il cancello di quel giardino e davanti a me compaiono i mostri e le gioie dei miei percorsi. C’è un bel prato d’ortiche nel quale mi piace camminare spesso, è quello delle relazioni morbose.

Ho scelto questo album di Viktor Coj apposta, perché il più lirico: s’intitola “Questo non è amore”. I Kino venivano da due demo ed un primo album acerbo con una registrazione che non rendeva grazia ad alcune composizioni formidabili. “Questo non è amore”, siamo nel ’85, suona come un prodotto pulito e ben curato. Qui finalmente sale in cattedra il timbro amaro e dolce, scuro e caldo di Viktor. La sua non è una battaglia contro il regime, perso in dilaganti corruzioni, sembra essere piuttosto consapevole che la vita là fuori sia inghiottita dagli stessi meccanismi e le stesse miserie. Veste i panni di un certo nichilismo che abbraccia individualismo, anarchismo e la spinta all’emancipazione del singolo.

I Kino di Viktor vogliono vivere l’immoralismo che cantano e se ne fregano della politica, parlano delle fatiche quotidiane, molto lontane dalle fanfare eroiche e iperformali del regime. Il realismo dei Kino è quello della gioventù persa che beve il portvein (vino scadente), aspetta la primavera per non dover più riscaldare la birra e soprattutto non sa dove stare e come stare, si sente fuori posto in degli ingranaggi che gl’impediscono di alzare la voce se non contro sé stessi, in un circolo di autolesionismo. Così i Kino narrano di corse su treni caldi e sovraffollati dove il freddo proviene da dentro.

Le notti insonni, l’alcool a pochi rubli e le donne. Queste ultime protagoniste di questo disco sono delle creature a due volti, dipinte ora come visioni d’incanto inarrivabili, ora come figure macabre che si susseguono e le cui insistenze sono respinte. “Vattene ma lasciami il tuo numero, in realtà non so neanche a cosa servano queste cifre.”

L’album sentimentale di Viktor ci mostra in realtà il suo scheletro più fragile, quello di un romantico in decadenza. “Tu appari così non attuale accanto a me” questa una delle linee di testo più belle che ci regala (difficile tradurre la musicalità della lingua russa). Un rapporto che s’incrina, una storia finita trascinarsi per inerzia.

“Credimi/Верь мне”, è una richiesta d’amore disperato, una relazione è una guerra basata sulla reciproca fiducia, devi credere nell’altra persona e darti completamente ad essa. Viktor sembra voler imbracciare le armi solo nel campo dell’amore, scendere in una guerra profonda insieme alla propria compagna.

C’è spazio per una dedica romantica alla propria città: Leningrado. La morte aleggia fuori dalle finestre negli inverni gelidi e bui: “Amo questa città ma è così pauroso essere soli qui”.

La canzone finale Музыка волн ha una melodia insolitamente dolce, parla della musica delle onde e del vento, è una vera e propria poesia sugli elementi naturali che influenzano il nostro stato d’animo: “Vedo come le onde lasciano il segno sulla sabbia, sento come il vento canta la sua strana canzone, sento come le fronde degli alberi giocano con lui”.

In russo il sostantivo amore è femminile, questo non è amore, questa non è lei. Viktor rimarrà sempre turbato alla ricerca di una lei che non trova. Delle tante cose di cui non gli frega niente attraverso la sua lirica ci fa capire che questa riveste un ruolo particolare.

“È stato un cantante, chitarrista, attore, poeta, artista e vigile del fuoco sovietico, leader della rock band Kino.” [fonte wikipedia], aggiungo che è stato un amante fervido della vita nonostante l’ambiente circostante abbia fatto di tutto per buttarlo ancora più giù; prima di spegnersi in un incidente stradale a 28 anni.

Chi volesse farsi una vaga idea romanzata di quella che possa essere stata la sua storia consiglio il biopic Summer (2018), reperibile anche in inglese o con sottotitoli.

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