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Chi sei? …forse sono l’uomo da 1 Miglione di dollari?
La fiera dello status sociale è aperta e tu che lavoro fai? Chi sei… quanto vali!? Le tue mansioni, chi comandi, quanto organizzi, quanto guadagni …mio marito è un dottore! Un marito per un merito…
Rincorso da queste follie senza senso chissà da quanto tempo e per quanto tempo ancora, e poi scusate ma quanto dovremmo valere? chissà quante ambizioni dovremmo avere e quante da conquistare, chissà quante cose…
Rincorso dai doveri dalle manie e psicosi fallimentari di Saturno che mi ha voluto eremita come lui, sconfitto come da lui, siedo su di un trono che somiglia più a un cesso o una botte di vino.
Dalla platea lei mi guarda e giudica in silenzio i miei fallimenti.
Le vittorie, le sconfitte! Ubriacandoci di ipocrisie senza capire che anche nel proprio piccolo ognuno può vincere le proprie battaglie, basta non arrendersi, basta lottare e andare avanti senza tregua, alla ricerca, nel tentativo di purificare il proprio karma di vite passate, precluse dai vincoli venali e ipocriti che tanto ci fanno comodo in questo mondo fatto di sola plastica.
Ma poi tutto a cosa serve? Serve davvero? Basta non essere codardi, basta cercare di non aver paura, basta essere onesti e cercare di fare per quanto ci è possibile la cosa giusta.
Ma tu sai qual è la cosa giusta?
Allontanarsi dal grigiore della propria vita rincorrendo la felicità di una esistenza fatta di borghesie deboli, latenti paure e vuoti interiori.
Ma tu leggi ancora le cose che scrivo? O ti sei dimenticata di me …come io ho fatto di te?
Piove, continua a piovere sul vetro di questa dannata bara di ferro mentre le spazzole sembrano voler cancellare le gocce di solitudine che cadenzano empiriche come dita che suonano un pianoforte, come i passi che si alternano armoniosi sui tasti e tutto sembra seguire il percorso di una vita la cui unica colonna sonora sembra essere suonata da una spada di Damocle che sfrega le corde di un violino per poi interrompersi e fiondarsi sulle nostre gole, mentre da questo dannato vetro vedo la gente accompagnare i figli a scuola.
Fermo al semaforo.
Guardo ancora fisso quel rosso mentre la gente corre inseguita dalla pioggia.
Le macchine di fianco, automi che portano avanti la propria vita con tutte le loro belle insicurezze che tanto soffochiamo e il cui unico percorso interiore sembra nascere proprio da quelle vicissitudini il cui compito è quello di migliorare e di sottoporsi a prove, vinte, perse o …sopravvivere, sopravvivere a se stessi, alle proprie psicosi e pianti all’infinito.
Sembra così che quelle gocce che cadono inesorabili diventino di incanto motivo di rinascita catartica nel tentativo che qualcosa nasca, sperando che qualcosa diventi.
Non so neanche come ci sono finito in questa macchina o forse non so nemmeno come ho iniziato a pensare a tutto questo forse è da tempo che mi domando di quanto lavoro dovrei fare su me stesso ma è così difficile, forse dovrei chiedere aiuto a Dio e alla vita, nelle sue fottute prove di dolore e schiaffi in pieno volto a svegliare a percuotere il tepore di una inconsapevolezza, dissonanza cognitiva nella paura di affacciarsi di sotto.
Bisogna crescere! bisogna essere orgogliosi dei propri figli e di quanto sono bravi a scuola e dell’armadio appena comprato e della cucina del cazzo di ultima generazione che va caccia e scova il miglior pesce dell’oceano.
Ma poi, davvero, quello che ci riguarda cos’è? io non parlo più con nessuno, non ho più voglia, e forse domani me ne andrò in giro ubriaco con in braccio una bottiglia piena di lacrime di coccodrillo.
Dannato piano suona, cadenza, passeggia sulle nostre vite e ci allontana; ma poi, secondo voi è normale che se le anime che vagano per l’eternità una volta congiunte venisse data loro la possibilità di creare qualcosa di nuovo e indissolubile, siano in grado di portarlo avanti, e se invece tutto finisse?
Sarò a casa, finalmente sarò a casa, più di dieci anni in giro alla ricerca della mia anima e della sua essenza, sono stato fuori di testa io, sono stato dieci anni nel deserto della solitudine, in un angolo a urlare e bestemmiare in attesa che il tempo passasse…
I bambini corrono, zaini, cartelle e gli odori di una scuola che sa di pastello e di giallo, cartolerie e album dei calciatori; tutti corrono attraversano la strada inseguiti dalla pioggia, pochi arriveranno, molti moriranno, sconfitti da una vita tropo grande, solo i forti arriveranno in cima, sguaineranno le loro bugie e urleranno al sole, mentre io mi compiaccio e mi beo dei mie insuccessi.
Potrei continuare a parlare all’infinito ma so che alla fine resterò solo, mentre la ragione mi vuole libero, sguaiato e ribelle l’altra mi chiama, la ripudio e mi ripudia, mi allontano e mi allontana, sarà che Dio ci abbia tolto di mano i libri che tanto non servono a un cazzo e ci abbia sbattuto giù per la via a raccogliere i frutti della nostra essenza che tanto io non so nemmeno come mangiarli.
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