La completa mancanza di idee ( o necessaria forma evolutiva ?) che nel cinema dilaga negli ultimi anni ha contribuito ad uno stravolgimento degli schemi classici, perlomeno nella forma-narrazione delle storie, ed ad una ricerca di tecniche più adeguate per trasformare plot banalissimi e inflazionati in clamorosi successi di botteghino; ovviamente, passati ormai tanti anni dall'uscita nelle sale di The Blair Witch Project, il genere mokumentary non sortisce più gli effetti sperati e allora si cerca di manipolarlo ancora e spremerlo per vedere cosa ne può uscire.

Chi produce questo genere di pellicola sa che in realtà alla finzione scenica va affiancata una sorta di "finzione nella finzione" e cioè un autoconvincimento che lo spettatore possa credere sul serio che la narrazione dei fatti sia non "tratta da una storia vera" ma sia "la storia vera", che le immagini non siano frutto di arte cinematografica ma siano immagini di repertorio messe a disposizione dello spettatore stesso che si trova ad essere fortunato testimone di un vero e proprio documento "storico". Tutto questo oggi funziona  solo in parte e nel corso del tempo tale tecnica è diventata un comodo alibi per portare sullo schermo storie che implicano uno sforzo narrativo prossimo allo zero,  rese però interessanti dalla furbetta metodologia citata. Fa un pò di tristezza in effetti pensare che se un qualsiasi Paranormal Activity fosse stato girato come un film "vero" avrebbe portato in sala la metà della gente ( si sarebbe rimpianto il buon vecchio Poltergeist ), questo perchè sembra quasi che girare un "mokumentary" sia una scappatoia comodissima nascosta dalla scusa dell'idea geniale.

Così, come ho già detto, la tecnica si evolve: si prende una storia vera, documentata da filmati e testimonianze, e la si fa interpretare da attori reali e conosciuti  ma nello svolgimento della pellicola, parallelamente ( proprio inteso nel senso di schermo diviso a metà ),il regista ci mostra i presunti veri documenti con i veri protagonisti delle vicende raccontate. Lo spettatore è così più spiazzato...."non è tutta una bufala come Cloverfield.....questa roba deve essere vera per forza!", anche perchè all'inizio del film c'è l'attrice protagonista che ti spiega, parlando proprio con lo spettatore in persona, che ciò che gli verrà mostrato non è solo frutto della fantasia degli sceneggiatori. 

Se "Il quarto tipo" venisse visto senza questa brutta sensazione di essere presi in giro farebbe senza dubbio una figura migliore anche perchè oltre a rispettare tutti i moderni crismi dell'horror, lambisce tematiche serissime che non si limitano alla domanda senza fine se siamo o no soli in questo universo e che ( forse in modo troppo pretenzioso) danno l'impressione di assistere ad un film che non tratta solo di rapimenti alieni.

La storia si svolge nella città di Nome in Alaska e la dottoressa Abigail Tylaer, psichiatra, ipnotizza diversi abitanti della cittadina al fine di scavare nella loro psiche e scoprire l'origine delle loro turbe notturne; le ovvie soluzioni a cui subito perviene, si sovrappongono agli incubi personali della dottoressa che in una spirale di terrore, troverà la spiegazione di lutti e tragedie personali. 

Non sarebbe corretto dire che questo film non sortisce alcun effetto anche perchè alcune sequenze sono  davvero di forte impatto e, nell'ottica di quanto detto sin ora, non risultano necessariamente fini a loro stesse. La fotografia è molto curata e i paesaggi desolati e bellissimi dell'Alaska senza dubbio rappresentano nella visione della pellicola un valore aggiunto alla tensione crescente, ma per quanto si possano trovare elementi positivi, perlomeno sul versante tecnico, il problema cruciale è sempre lo stesso. Che motivo c'era di girarlo in questo modo? Sarebbe stato così spaventoso anche senza la visione forzata dei presunti veri documenti?. Ovviamente a queste domande è facile rispondere, ma quando poi a casa si smanetta su internet per fare ricerche e capire quanto si è stati presi in giro, ci si rimane di stucco nello scoprire che la Dott.ssa Abigail Tyler esiste veramente ( con tanto di profilo Facebook ), ed effettivamente in condizioni di salute non proprio ottime, che la città di Nome è stata sul serio centro di strani avvenimenti dagli anni 60 ad oggi, e tanto altro ancora.

Per me tutto ciò che incuriosisce e fa discutere è bene accetto, sempre a patto che si venga stimolati da argomenti intelligenti e che quella puzza di "bufala" stia il più lontano possibile......per questo mi sento di affermare che questo esperimento è riuscito solo in parte.

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