Incantevole, romantico, sognante, magico, fiabesco, deliz..zzzzzzzzzzzz... ronf.
Beh, diciamo che un po' c'era da aspettarselo: chi ha seguito gli ucraini Drudkh fino all'ultimo album "Handful Of Stars" avrà ben presente il lieve cambio di rotta operato dalla band verso certe sonorità post-rockeggianti così tanto trendy negli ultimi anni tra le band "black" (virgolette d'obbligo) metal più moderne. Io francamente un presentimento ce l'avevo già: vuoi vedere che i nostri Drudkh, blacksters intransigenti e riservati, si sono fatti ammorbidire dalla musica alcestiana e ora mi combinano qualcosa assieme al buon francesino spocchioso Neige? Interrogativo che, un po' per la sua assurdità, è finito presto nel dimenticatoio, salvo poi scoprire, qualche mese dopo, che era nato il nuovo progetto Old Silver Key, frutto della collaborazione tra Neige (stavolta impegnato solo al microfono) e i membri dei Drudkh stessi!
E così, eccoci qua con una nuova, ennesima uscita di post-rock/shoegaze blackeggiante che si limita ad inflazionare ancor di più un genere in continua espansione; un fermento che, se da una parte ha contribuito a creare progetti assolutamente meritevoli e promettenti (così a caso citerei i recenti Deafheaven, Les Discrets, Lantlôs, o anche gli inglesi Fen, senza contare ovviamente il padrino di tutti, Alcest), dall'altra ha dato origine a una sequela di gruppetti anonimi che sì, se ne sono venuti fuori con qualche ideuzza interessante, per carità, ma alla fin della fiera due palle così. Old Silver Key, come avrete ben capito, rientra di diritto in quest'ultima categoria, e ha il merito di amplificare un po' tutti i difetti che minano il genere.
"Tales Of Wanderings" è in sostanza un album inutile che non aggiunge assolutamente nulla di nuovo a quanto detto sinora, in tutte le salse possibili, dai gruppi sopracitati. Per di più, dal punto di vista musicale, è la versione soft (anzi, annacquata rende meglio l'idea) di un disco eccellente come "Handful Of Stars": il songwriting è sempre ad opera di Roman Saenko e soci (e si sente eccome), ma stavolta privo di carica passionale, abbastanza scolastico e sterile; il risultato è una misera manciata di canzonette insulse, all'apparenza sognanti e poetiche ma fondamentalmente fredde e soporifere, di cui non si sente il minimo bisogno di ripetere l'ascolto una volta finite.
Non solo: a ben sentire, l'etichetta "post-rock/shoegaze blackeggiante" affibbiata all'album poc'anzi sarebbe pure tecnicamente scorretta. Le coordinate su cui "Tales Of Wanderings" cerca di assestarsi sono piuttosto vaghe e incerte: di shoegaze c'è poco e niente, considerato il suono esile e spento delle chitarre da cui ogni tanto fa comunque capolino qualche effettuccio interessante; e non parliamo nemmeno di black metal, a meno che si voglia considerare quel paio di accelerazioni all'acqua di rose un po' fuori contesto come una componente black! In fin dei conti, quello che gli Old Silver Key ci propinano con quest'album è soltanto un brodino freddo a base di soft-metal e genericissimo post-rock.
La carenza di idee non si traduce solo nella qualità, ma anche quantitativamente: "Tales Of Wanderings" conta in tutto sette tracce (per un totale di 37 minuti scarsi), tra cui un'intro insignificante e una strumentale che non lascia il segno; e se consideriamo che delle restanti cinque solo un paio si mantengono su livelli discreti ("Burnt Letters" e "About Which An Old House Dreams", entrambe alla fine) allora c'è poco altro da dire. "Cold Spring" e "Star Catcher" hanno dei main riff convincenti ma si perdono via in improbabili vagheggi post-rock che cercano (invano) di essere sognanti; "November Nights Insomnia" si muove tra placidi ritornelli, che sono un po' lo stereotipo di Alcest, e una goffa accelerazione buttata lì a metà brano. Fine.
E che dire di Neige? Ho sempre apprezzato le sue doti canore, sia nel suo cantato etereo che soprattutto nel suo lacerante e acutissimo scream, ma la sua voce qui, a metà tra mugugno e nenia soporifera, è quanto di più fiacco abbia mai fatto.
Una battaglia persa un po' su tutti i fronti, dall'originalità all'espressività. "Tales Of Wanderings" scivolerà presto nell'oblìo così come questa collaborazione superflua, sempre se i nostri eroi non vorranno smentirci in futuro con qualcosa di più personale e focalizzato. Ma, considerato che da entrambe le parti sono parecchio occupati con l'uscita dei rispettivi nuovi album (indubbiamente migliori di questa cacchetta), credo che la "vecchia chiave argentata" finirà soltanto per arrugginire nella più totale indifferenza...
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