Non so un fico secco di questa donna. Il suo background umano e musicale, niente di niente, se aveva il padre predicatore, se ha iniziato a cantare in chiesa, se è cresciuta con il gospel, se ha odiato la religione ma credeva in Dio, non so se davanti allo “specchio” è uguale a mille cliché di questo genere o tutt’altro. Niente. Non so nulla e non dirò nulla.

Il Soul, il Gospel. L’anima sbattuta così, su un piatto, in un mangianastri, su un lettore cd, in macchina, lettore mp3, ipod etc etc…come carne viva, roba da far schifo, sì, il soul, non so neanche che cos’è, come descriverlo, circoscriverlo, cosa non è. Sono ignorante e pure sfacciato, non me ne vergogno.

Detto tutto ciò (praticamente nulla): Traccia dopo traccia questo disco ti mangia le unghie, ti fa scendere lacrime, deglutire a vuoto, sorridere; a volte ti lascia indifferente un paio di minuti, giusto il tempo di riprenderti per la gola e trascinarti in un vicolo cieco della tua stessa anima, farti perdere, ritrovare, come una seduta di psicanalisi che rivanga un brutto pensiero che giustamente la tua mente aveva abolito, sei impotente quando lei ti si presenta così, disarmata e disarmante, disadorna, con il solo pianoforte a circondarne la voce sublime in una cascata di note inutili perché niente possono aggiungere né togliere, e non so neanche quando arriverà il punto alla fine di questa frase, perché non la sto scrivendo io, sono sull’onda dell’emozione, e questa non può essere una recensione critica, perché il mio spirito critico è azzerato, si può morire dalla voglia di roba così, che ti annulla e al tempo stesso ti arricchisce anche un po’.  Il punto è arrivato.

Forse il miglior modo di apprezzare questo “Circle of One” è non saperne nulla, di metterlo su, quando sei da solo/a e un po’ indifeso perché impreparato, perché se non ci parti che un disco è un capolavoro, non ti aspetti nulla, e allora sei pronto a farti travolgere. Io l’ho preso in piena faccia, come un tir, mi ha messo sotto, e se mi rialzo è per risentirlo di nuovo.

Alla fine non so neanche se mi piace questo disco, se vale una o cinque stelline. So che l’ho ascoltato ascoltato e ascoltato, e che lo ascolterò ancora e ancora. O forse non lo farò. Ma il segno me l’ha lasciato tutto qui, sento male qua, sotto lo sterno, fa male, un male grandissimo e meraviglioso. Ne voglio ancora di dischi così, di quelli che non sai come l’hai trovato e se ne troverai ancora, come sempre, magicamente, per caso.

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