Non ricordo se l'estate del '97 sia stata calda, fredda, piovosa, divertente, di merda (ma mi pare l'ultima). Ricordo, in compenso, che, nella tragica mancanza di occupazioni migliori, si scommetteva su chi sarebbe andato al primo posto in Inghilterra tra i Blur e gli Oasis. Ricordo che tifavo per i primi, e che persi. Perché al primo posto ci capitarono gli Olive, venuti dal nulla, con una canzone dal titolo banale ("You're Not Alone") e dal sound ben poco estivo, con un video scuro e ovattato, con un disco che si chiamava "Extra virgin". Roba da condirci una pasta fredda, si pensava da queste parti. E invece.
A undici anni di distanza il debutto di Olive si fa ancora sentire, eccome, pur inserendosi in un filone stereotipato che nel settore elettronico di quegli anni andava per la maggiore: due dj nascosti dietro le quinte e un'affascinante vocalist a metterci la voce e la faccia. Tra residui acidognoli di trip-hop e ingredienti drum'n'bass, tra i Lamb e gli Everything But The Girl, Moloko e Roni Size, nel solco di un'elettronica ombrosa e delicata, tra downtempo folk rivestiti di trip-hop e riferimenti jazz, questo disco si fa sentire eccome.
La voce di Ruth-Ann Boyle prende le suadenti sfumature di Sade e le cala in un contesto sonoro più profondo, cavernoso, sostenuto da tastiere sempre molto ariose, come usava allora (sentire i sette minuti di "Miracle": piccola perla nascosta che non stonerebbe se piazzata in compagnia degli oscuri bijoux che in quegli anni andavano rifinendo Massive Attack e Portishead). Ma non è elettronica pura: non rari i pezzi guidati dalla chitarra, frequenti i samples che rinviano al jazz (qui, sì, con il modello portishediano alle spalle, soprattutto nella conclusiva "I Don't Think So"), con un effetto di eleganza e morbidezza diffusi, assecondati dalle linee vocali sinuose, come fumo di sigaretta, e dalle scale melodiche non sempre banali.
Dopo tutto, si tratta di pop: deliziose "You Are Nothing", "Blood Red Tears", col clarinetto in apertura che lo rende un notturno pezzo breakbeat, "Outlaw", concessione più melodica, "This Time", con chitarra funkeggiante. "You're Not Alone" è la canzone che ti rimane nelle orecchie, che ti si imprime subdolamente e con lentezza, con lo stesso torpore con cui inizia (un minuto e mezzo senza basi, la voce accompagnata da rifiniture minimali), conducendo per mano al ritornello, sostenuto dalle tastiere de-frammentate e dalla voce de-composta e raddoppiata della Boyle. Prime in classifica possono (o potevano) andare anche canzoni degne di nota.
"Extra virgin" resta un disco minore, un episodio periferico nel quadro del trip-hop di fine millennio, nascosto nella retroguardia. Ma a me questi dischi piacciono. Quelli che hanno il fascino consolatorio delle cose ordinarie. Anche le estati in cui non si ricorda cosa è successo hanno bisogno di uno specchio dove guardarsi. E gli Olive ne offrono uno con assoluto stile.
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