Son passati 50 anni (era il 04/07/1971) dalla morte di Jim Morrison, indimenticabile front man dei Doors e giusto per rivedere qualche pellicola a lui dedicata, fra i vari dvd dei concerti dei Doors presenti nella mia collezione, sono andato a ripescare "The Doors" realizzato da Oliver Stone nel 1991 . Già in passato non ne avevo tratto una buona impressione e, in tutta sincerità, anche questa volta non posso ritenermi convinto della bontà dell'opera .

È noto, intanto, che Stone (lui stesso estimatore della musica dei Doors) si era ben documentato sull'argomento chiedendo ai componenti superstiti del gruppo consigli e supporto per trattare il tema della breve ed intensa carriera di Morrison . Certamente un compito complesso accostare una tale rock star dalle mille sfaccettature, ma il risultato finale lasciò insoddisfatto anche quanti furono interpellati dal regista .

Quest'ultimo ci presenta un ritratto lacunoso di Jim Morrison , già suggestionato in tenera età per aver assistito ad un incidente stradale in cui persero la vita alcuni pellerossa (tanto da fargli credere che l'anima di un Sioux fosse diventata una sorta di suo spirito guida che compare in certi momenti salienti del film) . Jim cresce coltivando vari interessi artistici (filosofia, poesia, ecc.) lasciati in ombra nella trama del film e lo si vede alla facoltà di cinematografia dell'Ucla, ove però non riesce ad esprimersi al meglio e fortuna vuole che incontri Ray Manzarek con cui costituirà il gruppo dei Doors, condividendo anche l'esperienza dei primi trip a base di Lsd e mescalina. Dopo un periodo intenso di gavetta nei locali alternativi di Los Angeles , arriva il contratto con la major discografica e l'immancabile successo nell'indimenticabile 1967 con i primi guai che, come noto, non gioveranno né alla salute di Jim, né alla carriera degli stessi Doors . Il gruppo finirà virtualmente il giorno in cui Morrison , impelagato in beghe giudiziarie a seguito di denuncia per atti osceni durante un concerto a Miami nel 1969, lascerà gli States per trasferirsi a Parigi ove troverà la morte per overdose da eroina tagliata male (i fatti però restano ancora poco chiari) .

In estrema sintesi questa la vicenda di Jim Morrison e dei Doors. Cosa non funziona nel film? A mio parere, oltre a certi passaggi discutibili come l'incontro con Andy Warhol e Nico resi in modo molto machiettistico e tutta la vicenda con la giornalista Patricia Kennealy che asserisce di essersi sposata con Jim con un rito Wicca (vicenda incredibile per quanto lui non si sia risparmiato con le donne) , il regista tratteggia un Morrison sostanzialmente ubriaco perso e stronzo nei rapporti interpersonali, specie con Pamela Courson a cui era sentimentalmente legato. Invece per chi lo ha conosciuto è stata anche una persona dotata di humor e dotato di un'estroversione (in particolare sul palco ove entrava in trance divenendo una specie di sciamano rock) che celava però una timidezza di fondo .

Un uomo quindi dalla personalità complessa che si trovava ad agire in un mondo molto competitivo quale quello del business musicale discografico e da lui non particolarmente amato. Ciò ha influito su certo suo comportamento e, alla luce di quanto si sa, nel film non si coglie il cosiddetto fil rouge della vicenda artistica di Morrison ovvero un suo bagaglio culturale (a base di Nietzsche Rimbaud, Blake ecc.) che gli ha permesso di cimentarsi nella composizione poetica tanto da pubblicare un libro di poesie nel 1970. E proprio a seguito di questa iniziativa editoriale e di quanto vissuto in prima persona matura la convinzione che la musica rock sia morta (ne converrebbero anche gli Who intonando "Rock is dead, long live rock!") e che sia il momento di cambiare vita . Infatti, decidendo di lasciare i Doors, Morrison non se ne va solo per staccare la spina come parrebbe dal film di Stone, ma per il motivo di imprimere una svolta alla sua vicenda artistica, più affine alle sue reali inclinazioni e affrancandosi da certe logiche di mercato che lo angustiavano.

Ecco perché, pur in presenza di un 'eccellente interpretazione di Val Kilmer nei panni di Jim Morrison e di una grande colonna sonora, uno spettatore avvertito come me ed altri che hanno seguito la produzione discografica e la vicenda artistica dei Doors non possano non ritenersi perplessi a fronte della pellicola di un regista enfatico e sopravvalutato (tranne per "Platoon" ) come Oliver Stone. E vale semmai, volendo ricordare in modo degno Jim Morrison a 50 anni dalla morte , il consiglio di vedere i film dei suoi concerti, reperibili sul mercato dei dvd.

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