Si sa, è tempo di celebrazioni, di liturgie solenni, di rimarchevoli chiavate sotto le coperte calde. Sono i giorni (o meglio il giorno) in cui, dopo un anno di roboanti bestemmioni, accompagno mia mamma nel Duomo su in centro, giusto giusto per assicurarmi che nell'abside i mosaici del V secolo non se li siano portati via i tecnici con la Spending Review constatando, una volta di più, che le omelie natalizie del Vescovo, oltre a durare quanto Ben Hur in slow-motion con sottotitoli in polacco, sono ormai dozzinali e prevedibili come gli schemi d'attacco di Allegri e appena meno di un qualsiasi assolo di Yngwie Malmsteen dal 1988 ad oggi.   Proprio poche sere fa ho fatto conoscere gli Om ad un mio caro amico, Andrea, nel mentre che stavamo vivendo un istante di puro abbandono dalla realtà a casa di Fra, ignare vittime di esorbitanti quantità di 'nduja ed altre riprovevoli prelibatezze donateci da Bacco e Tabacco. Venere non c’era e, a tal proposito, la vicina di Fra, con tutto il rispetto, al massimo mi ricorda più la versione femminile (o maschile?) di Enzo Paolo Turchi che l’immaginifica dea dell'amore. Comunque, stramazzati tra divano, letto e poltrona di comando (la carrozzina che sta davanti al pc), nel nostro vizioso dibattere sulla classifica dei culi più belli del 2012 e dopo esserci ringalluzziti con 40 interminabili minuti dei miticissimi Nocturnal Depression, ho gentilmente chiesto ad Andrea di cercare nella libreria iTunes di Fra i californiani e premere play prima su ''At Giza'' per poi mettere l'ultimo “Advaitic Songs”. Così è stato ed il viaggio ha avuto inizio giusto qualche istante prima che un'avvisaglia di scacazzo cosentino mi facesse piombare di gran carriera sulla tazza del cesso.  Fu lì, seduto in quel vasone in ceramica così foriero di patimenti quanto portatore sano di estrema riconciliazione, che nell'aria si librò un'evocativa voce femminile recitante il Maya Mrityuniaya e con lei gli incantatori minuti dell'iniziale ''Addis''. Ebbene, sarà stato il tepore del termosifone o forse la grappa al mirtillo di Fra che reagiva chimicamente con il piccante ma quella voce insolente, quella nenia declamatoria fu davvero per me il Mantra della Grande Liberazione come da letterale traduzione. E venne giù il diluvio... Tornai in salotto che le scosse elettriche di ''State of Non-Return'' avevano già fatto il loro corso. Si perchè...sapete come capiamo che un disco ci sta facendo uscire il cervello dalle natiche? Quando tra di noi cala il silenzio, i nostri sguardi si perdono sul pallido bianco delle pareti (o nelle squallide nature morte da 10 euri prese al mercatino di San Lorenzo) e si sente solo il sibilo di qualche scoreggiozza, intervallato dal classico ruttino alla Fantozzi di Fra che è un cinghialone di prima categoria. Fu quindi completamente inutile chiedere cosa ne pensassero dell'affascinante violino e di quella chiusa sinfonica, così inusuale, oppure di quegli accenti rituali e spirituali, quella sorta di calvario mistico che conferiva l'ascolto di ''Gethsemane'', struggente melodia che lascia a chiappe scoperte per dinamismo e ritmiche cicciute. C'è qualcosa che destabilizza ed allo stesso tempo orienta in ''Advaitic Songs''. C'è un'indole carnale che si lega a doppio filo con il misticismo, come in ''Sinai'', il suo oscuro drone/ambient, i solchi di fumo che penetrano nelle stanze da letto, la sensazione impagabile che tutto sia al posto giusto, che il violoncello di Jackie Perez Gratz, le tastiere, la tabla, i flauti, la batteria tridimensionale di Emil Amos (e chiaramente il gigantesco basso di Al) siano stati capitanati qui da qualcuno per creare l'equilibrio perfetto tra materia e trascendenza, tra rumore e introspezione. Che gli Om si siano dati la pena di comporre esattamente la musica di cui avevamo bisogno: una veste ultradilatata di psichedelia pesante. Così, quando le sconfinate distese etniche e allucinate di ''Haqq Al-Yaqin'' squarciano le smorte barriere casalinghe, sembra quasi di vedere l'alba qui a Gerusalemme; le sagome dei minareti e dei campanili avvolti dalla foschia del mattino, il muezzin che tuona perentorio l'adhan, i fedeli che accorrono per la salat delle 6.  Ecco! Il sole è sorto! La preghiera è il respiro dell'anima...

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