Il ritorno del colonnello.

Il Siriaco è arrabbiato, baffuto e fumante, non importa se per il gasolio di una Freelander a tre ruote o per gli spiedini di montone.
Kebab punk dance, Jihadi-Techno, Muezzin-wave.
Chiamatela come volete.
L'ho visto al Primavera Festival e per poco non mi converto all'Islam.

In realtà si tratta di compilazione della Sublime Frequencies quindi non aspettatevi che il packaging sia un granchè perchè fa cagare di brutto.

La musica, al solito, è un razzo Kassam.

Invocazioni da preghiera del mattino ("Atabat"), distorsioni radiofoniche per taxisti siriani in carogna con pattern da grave ritardo mentale ("Lansob Sherek), arab-rap accellerato e filtrato con un solo inaudito tra Synth, Oud e flautismi berberi buoni per ammaestrare serpenti con la voce salmodiante del Colonnello che sproloquia oltre i limiti di velocità ("Shift Al Mani"), techno di derivazione stragista buona per quei party d'addio prima di farcirsi di tritolo e lasciarsi esplodere davanti al consolato britannico ("la Sidounak Sayyada"), Canzoni (d'amore?) tra Kebab-bar con gli additivi per narghilè e il mercato di Bengasi ("Jamila"), Strobo-pauperismo in terzinato spinto da balera egizia ("Qalub An Nas") e svariate altre contorsioni arabiche in fregola.
Il pezzo che chiude il disco "Kaset Hanzal" è puro medioriente: luna a spicchio, il respiro del deserto tra le rovine, cammelli e uomini baffuti che mangiano datteri nella notte equatoriale (pare che le donne siriane siano le più calde del Medioriente).

Insomma un disco nucleare: must have per i fan della resistenza del Golan, dell'aramiaco antico, della mezzaluna, del Krak dei cavalieri e del krak e basta.

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