Una visione in controluce, con il sole forte che impedisce alla vista qualsiasi percezione naturale e prospettica. I fotemi nel buio degli occhi chiusi a forza, una distorsione leggera dell'ombra che sfugge il senso e la forma lasciandone l'intuizione.

Il garage, il folk, il pop e l'acid, cementati dalla stregoneria di questi ragazzi danesi che guardano ad una band e ad un disco in particolare: i Love di "Forever Changes". Un trip meravigliosamente personale, come se avessero sempre sognato di poter tornare indietro nel tempo e suonare anche per una sola volta insieme alla band di Arthur Lee, nel caldo appiccicoso della sera, tra strade polverose ed orizzonti desertici che sembrano non avere mai fine. Ma più che un rispolvero od un tributo "Blinded By The Sun" è forse la naturale evoluzione di una musica che certamente affonda le proprie radici nella tradizione degli anni 60 ma che per gusto della sperimentazione apre alla modernità e riesce nel capolavoro.

Gli On Trial sono un'esperienza magnifica; adoro i loro cori riverberati e così dannatamente perfetti ("Everything"), la voce piena che rammoderna la prosa eclettica, le loro soffici atmosfere colate nell'acido scintillante delle chitarre. Ci si può perdere in episodi acustici di ozioso torpore ("Too Late") e poi rinsavire nel rock anfetaminico di derivazione garage detroitiana ("Poor Soul") fatto di sferzate elettriche wah-wah e ronzii di amplificatori.
"Blinded By The Sun"
è un disco sorprendente per la sua concisione perfetta nel gestire una materia musicale retrò ed il grado d’attenzione verso quest'ultima: una dimensione unica in cui il senso melodico, trasognato, convive con un approccio essenzialmente garage e si fonde tanto all'hard rock quanto alla divagazione psichedelica senza propendere mai nettamente per una delle tre direzioni ma piuttosto articolandole nell'insieme. Capita così di imbattersi nei sapori magici e seducenti della California ("So Close") con l'incedere delle chitarre acustiche sui fiati ed il retrogusto della musica popolare messicana. Lo straniamento psichedelico dei 13th Floor Elevators nella titletrack ed il rock puro e feroce dei Seeds ("Miles Away") fianco a fianco con la pesantezza ultraelettrificata e vagamente stoner di un brano come "Downer" che anticipa l'energia straripante di un trittico finale poderoso. "Slippin and Slidin", "Kolos" e "Kosmonaut" chiudono in un bagno liquido ed allucinogeno, un'esplorazione nello space rock che forza l'heavy e genera una molteplicità vibrante di armonie lisergiche che vorticano incastrandosi l'una sull'altra.

Un disco splendido, caldo e denso come il vento infuocato del deserto che soffia via la patina di sabbia sull'eternità dei suoni.

 

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