Fino a poco tempo ero un fottuto esterofila. Pensavo, anche convinto, che il nostro zombismo tricolore avesse contagiato anche il settore più bello, ovvero quello musicale. Da poco, pochissimo, mi sono accorto invece che il sottobosco underground italiano pulsa, e anche forte. Forse l'avrete capito dalle mie ultime recensioni (e mi manterrò fedele a questa linea, ossia dare più spazio agli italiani)... Mi sono innamorato della musica indipendente del nostro tanto amato/odiato Bel Paese. Alla fine, se fate quattro conti, limitandoci a quest'ultimo paio d'anni per dare un esempio circoscritto, è uscito di tutto: abbiamo il rock solleva-pavimenti (Super Elastic Bubble Plastic, Hell Demonio, One Dimensional Man e Il Teatro degli Orrori), le formazioni più sperimentalmente ambiziose che darebbero la paga anche a quelle americane (Dead Elephant, Putiferio, Zu), i medallari colti e mai autoreferenziali (Ephel Duath), il drone più originale degli ultimi anni (Lent0, Morkobot, Ufomammut) e anche i songwriters più coraggiosamente innovativi (Samuel Katarro).
Una scena, mi permetto di dirlo, viva e prolifica che deve tutto ad alcune figure. Una di queste è il qui intervistato Pierpaolo Capovilla, mente e creatore dei One Dimensional Man, band che ha dato quella scossa rivitalizzante alla carcassa del rock italiano a cavallo tra gli anni Novanta e il nuovo Millennio. Persona vera, onesta, coerente, solo da ringraziare per il suo contributo alla nostra musica. Uno a cui neanche dieci anni e passa di onorata carriera fanno passare la voglia di rispondere al curioso moccioso diciassettene di turno ma che, anzi, risponde nella maniera più disponibile possibile, riuscendo a dare anche spunti interessanti alle solite idiote domande di circostanza. Signori e signore... Pierpaolo Capovilla!
Partiamo dal Teatro degli Orrori, l'ultimo, ma non per importanza, dei tuoi progetti. "Dell'Impero delle Tenebre" ha ottenuto riscontri positivi sia dalla critica ma, soprattutto, dalla gente. Una fusione devastante di musica, liriche e, particolarmente in sede live, arte performante ma, più semplicemente, uno dei migliori album Rock (con la erre maiuscola) italiani almeno dell'ultima decade. Cosa ti rende, ti ha reso e ti renderà più orgoglioso di questo progetto?
Ppaolo: Dell'Impero delle Tenebre è stato un disco difficile da fare. Innanzitutto ha richiesto molto tempo: per la sola gestazione del repertorio ci sono voluti due anni di prove. In questo lasso di tempo non soltanto abbiamo lavorato sodo, ma abbiamo anche dovuto superare tutte le difficoltà "umane" che c'erano fra di noi, e diventare una band vera, coesa, nella quale i problemi si affrontano insieme, con spirito di democrazia, amicizia, fratellanza. Le canzoni hanno subito innumerevoli trasformazioni, tanto nella performazione, quanto e soprattutto nei testi. E' stata una faticaccia immane: credo che sia proprio questo che mi rende orgoglioso del nostro lavoro: abbiamo faticato a lungo, ci siamo posti domande che esigevano una risposta collettiva, abbiamo scommesso sulla buona riuscita del progetto. Infine abbiamo fatto un tour interminabile.
Ancora a riguardo "Dell'Impero delle Tenebre", sostengo spesso che quel disco mi ha invogliato alla lettura di più dei miei finora quattro anni di noiosissimo liceo. Tu la definivi spesso "musica per il cervello, non per i piedi", e io non posso che essere d'accordo. "Dell'Impero delle Tenebre" da un lato presenta un nettissimo taglio personale, da un altro è un enorme vaso di Pandora che cita e rimanda agli ambiti più disparati, da Demetrio Stratos a Carmelo Bene. Alcuni ci hanno visto anche Cèline e Baudelaire. Ci vuoi svelare qualche altra citazione nascosta "per fare un po' di cultura"?
Ppaolo: La scuola italiana è allo sfascio, così come i suoi programmi ministeriali non sono adatti alla contemporaneità. Quella specie di ministro dell'istruzione che ci ritroviamo sta compiendo passi decisivi verso la sconfitta definitiva dell'istruzione pubblica.
Detto questo, mi sembra di capire che esista nel paese reale un desiderio di cultura, letteratura, poesia, politica che è rimasto a lungo inespresso nella musica leggera italiana. Il Teatro degli Orrori ha deciso da subito di percorrere una strada opposta e contraria a quella delle major, della canzonetta, dell'intrattenimento danzereccio eccetera eccetera.
Dell'Impero delle Tenebre è perciò denso di citazioni letterarie: c'è Carmelo Bene, Baudelaire, Céline, Antonin Artaud, Shakespeare; ma ci sono anche Dalla, De Andrè, De Gregori, Demetrio Stratos.
Condivido la massima di Oscar Wilde: "rubare ad uno è plagio, rubare a tutti è ricerca"....
Passiamo ora agli One Dimensional Man. Quali sono i progetti per il futuro prossimo che hai per questo gruppo? Inoltre, temo che quando ciascuno sarà impegnato col proprio gruppo, Gionata coi Super Elastic Bubble Plastic, Giulio con i Putiferio e tu con i One Dimensional Man, un side-project come Il Teatro degli Orrori possa essere soffocato da questi gravosi impegni. Ovviamente non voglio essere presuntuoso, cosa ci puoi dire al riguardo?
Ppaolo: Il Teatro degli Orrori è nato come un side-project, ma è presto diventato il nostro impegno prioritario. One Dimensional Man, Super Elastic e Putiferio non interferiranno nella buona riuscita de Il Teatro. Stiamo lavorando al nuovo disco. Contiamo di finire entro Ottobre. Ne sentirete delle belle!
One Dimensional Man per ora è ancora in stand-by. Mi piacerebbe fare un nuovo disco, ma francamente ora non trovo ne la voglia ne il tempo. Vedremo.
So del tuo amore verso gruppi come Melvins e Jesus Lizard. Guardando il presente invece, qual è il tuo più recente amore musicale? Quali dischi ti hanno più colpito, per esempio, del 2008 appena finito?
Ppaolo: Ho 40 anni e non ascolto più soltanto rock. Ne ho abbastanza.
Jesus Lizard e Melvins, così come The Birthday Party e Oxbow, restano un punto di riferimento. Ma adesso ascolto il primo Pino Daniele, secondo solo al De Andrè migliore. Ammetto di essermi preso una cotta per Interpol, nella cui musica percepisco un lirismo che mi affascina, ma chi di noi non ha almeno una debolezza da confessare?
Amo Radiohead e Blur; ascolto ancora Genesis e King Crimson.... ma che ci posso fare, se quando sento "Cammina cammina" (Pino Daniele, "Terra mia" 1977) mi si spezza il cuore. In fondo, .... sono un romantico.
Chiudiamo con una bell'opinione che un veterano come te può darci. Della tua lunga e prolifica carriera, qual è la tua più grande soddisfazione? E il tuo più grande rimpianto? Poi, cosa ne pensi della scena indipendente italiana? E' una scena di belle speranze o, come sostengono molti esterofili, solo un surrogato della musica inglese e americana?
Ppaolo: Credo che la più grande delle mie soddisfazioni sia tutta nel fatto stesso di fare il musicista e di essere autore delle mie canzoni. Questo lavoro mi ha portato in dono una costante progettualità, che rende la mia vita più bella ed interessante, e che mi fa sentir più facile superare le difficoltà quotidiane. Il rock per me è una vocazione...
La scena indipendente italiana è piena zeppa di belle cose. Suonare tanti concerti dal vivo ci offre la possibilità di ascoltare cose diversissime. A volte sono interessanti, altre volte noiose. Ma non credo davvero che la "scena" italiana sia un "surrogato" di quella inglese (inarrivabile) o americana. Possiede le sue specificità, la voglia di suonare e fare-musica c'è e da speranza. L'importante è non lasciarsi imbrigliare da un immaginario collettivo voluto dai media, dalla tv spazzatura, da mtv e dalle sue major, dalla radio commerciale e dal music control.
Carico i commenti... con calma