Nel percorrere i miei tortuosi e schizofrenici percorsi di conoscenza musicale, un bel giorno mi sono imbattuto in un nome per me misterioso: "One Dimensional Man". Se non fossi stato preavvertito che dietro questa sigla si celavano tre musicisti italiani, molto probabilmente non me ne sarei mai accorto. Infatti, mi è bastato un solo ascolto per rendermi conto che sotto il profilo musicale questo gruppo non ha proprio nulla di italiano. Unico indizio sulle loro origini presente nel disco in questione è rappresentato, infatti, da un isolato verso di una canzone (“Porca miseria! Proprio a me doveva capitare” - "It Hurts"). Troppo poco e d'altra parte anche l’ultimo disco di John Cale ("Hobosapiens") contiene alcuni dialoghi in italiano. Per il resto "You Kill Me" non offre altri indizi e catapulta l'ascoltatore in un universo rock, che sembra fare il verso a modelli statunitensi. Qualcuno che la sa davvero lunga mi ha detto che è una band nata nel paese sbagliato. Mai definizione fu più azzeccata.

La storia degli "One Dimensional Man", benché non lunghissima è veramente ricca di avvenimenti. Il gruppo viene costituito verso la metà degli anni ’90 da Pierpaolo Capovilla e Dario Perissuti, cui si aggiunge in seguito il chitarrista Massimo Sartor. Nel 1998 pubblicano il loro primo album omonimo caratterizzato da un suono violento, noise e intensamente ritmico. Iniziano, quindi, a girare l'Italia eseguendo concerti un po' ovunque ed hanno l'occasione di suonare con bands, che sicuramente molti di voi conosceranno meglio del sottoscritto, quali Blonde Redhead, The Cows, Kepone, Fluxus, Uzeda, Deus, Jon Spencer Blues Explosion e Demolition Doll Rods. Nel frattempo Massimo Sartor lascia il gruppo e viene sostituito da Giulio Favero, con il quale i "One Dimensional Man" incidono un nuovo album ("1.000 Doses Of Love") , impregnato stavolta anche di un blues feroce.

Ritroviamo la medesima formazione, Giulio Favero (chitarra), Dario Perissuti (batteria) e Pierpaolo Capovilla (basso, chitarra e voce) in "You Kill Me” (Gammapop records 2001), terza prova in studio della band, un bell'esempio della vitalità ingiustamente poco conosciuta del panorama rock italiano. Un bel disco, una vera e propria avvincente cavalcata in mezzo a un campo minato. Le esplosioni presenti nel disco sono continue dall’inizio alla fine, fra schitarrate feroci e un ritmo serratissimo dettato dal basso, dalla batteria e dalla voce di Pierpaolo Capovilla. Sono veloci, dinamici, arrabbiati, ma allo stesso tempo coinvolgenti. Riescono a trasmettere sensazioni intense e fanno venire voglia di scattare, saltare, correre, ballare o cantare. Durante l’esecuzione dei loro brani non lasciano respirare, se non per un irriverente sberleffo (“Inferno”) o nel vuoto che precede un’accelerazione improvvisa, come nel principio di "It Hurts". Non mancano, però, momenti di calma apparente ("You Kill Me") che rappresentano un intelligente contraltare capace di costruire un'alternanza di ritmo nel disco.

 Da segnalare anche il brano che chiude l'album, un vero e proprio walzer crudele con tanto di sardoniche risate sullo sfondo, caratterizzato da un significativo verso: "THAT'S HELL MAN". Se non fosse per la distorsione della chitarra, potrebbe sembrare un pezzo tratto direttamente da uno spartito di Kurt Weill. Niente male davvero. In definitiva "You Kill Me" è un bel lavoro e questo gruppo meriterebbe una maggiore attenzione. Vedremo cosa accadrà in futuro. È alla porte un nuovo disco per il gruppo, che ha cambiato pelle ancora una volta. Giulio Favero, infatti, è stato recentemente sostituito dal giovanissimo chitarrista Carlo Veneziano. Attendiamo fiduciosi.

Carico i commenti...  con calma