Se avessi avuto l'appoggio, la voglia, il coraggio, le palle, i soldi e la giusta educazione musicale, mi sarebbe piaciuto produrre musica nella vita. Così non è stato, finora. Vabbè. Fatto sta, che per ovviare a questo "deficit musicale", a questa voglia di creare che ogni tanto mi prende e mi butta giù, ho scaricato un programmino stupido, una consolle virtuale, niente di che. Si, ho provato anche con i programmi seri ma
non so neanche dove cominciare a mettere le mani quindi fuck it. Così apro quella consolle, prendo due pezzi, creo piccoli loop e li metto insieme. A volte mi basta mettere in loop un solo pezzo ed equalizzarlo come va a me. Se sono particolarmente ispirato invece, sovrappongo un terzo pezzo, oppure prendo un drumming già pronto, e ce lo butto sopra. Poi gioco con quei quattro effettini presenti e passo un pò di tempo così. Il risultato fa immancabilmente schifo, ma nel frattempo mi sono divertito ed è già qualcosa.
"Cosa ce ne frega a noi?" direte. Presto detto: ho "conosciuto" tale Daniel Lopatin nel suo pseudonimo di "Chuck Person". Cercate "Chuck Person's Eccojam" su youtube e cliccate sul terzo risultato che vi spunterà (A3 Daniel Lopatin). Oppure ascoltatevi direttamente tutto l'album, se ci riuscite (Eccojams vol.1). Il primo pezzo di Lopatin che ho ascoltato è stato appunto A3 e ricordo che un sorriso, o forse meglio un ghigno, mi si è espanso sulla faccia. Poi ho riso istericamente. Come la chiamano questa roba? Vaporwave! ahahahah! bene! c'è speranza persino per me - ho pensato - se per diventare famosi basta davvero mettere in loop un vecchio brano R&B o chessò io, rallentarlo, spalmarci su 1 kg di echo (manco fosse vagina), di reverb, di phaser e Dio sa cos'altro, e portarlo avanti per circa sei minuti. Questi tipi di esperimenti risalgono tipo agli albori della musica elettronica. Certo riconosco alle Eccojams di essere quantomeno orecchiabili, ma siamo sinceri e diciamo le cose come stanno; sono una bella presa per il culo. In teoria si tratta di un'operazione intellettuale post-moderna il cui intento francamente non ho ancora compreso, nella pratica è un modo di produrre musica decisamente pigro.
Eppure il buon Lopatin è riuscito ad entrare nella scuderia della Warp records - leggasi: lo conosco proprio per questo motivo - dunque poi così scarso non sarà, giusto? Ascolto Replica, anno Domini 2011. Andiamo meglio. Riconosco un'intelaiatura ambient quantomeno interessante e un utilizzo dei loop decisamente MOLTO più creativo e stratificato. In generale, una capacità compositiva decisamente matura. Replica è insomma un ottimo disco, che consiglio a chiunque. Mi approccio dunque ad R Plus Seven (saltando il resto) con una certa dose eccitazione. diciamo pure Hype, per essere cciovani. E' il primo disco di Lopatin per una grande etichetta, di cui si è parlato in lungo e in largo, e che viene indicato come "spartiacque" dell'elettronica moderna. Mi preparavo insomma a sbavare. Ho sbavato? ebbene si, ho sbavato.
R Plus Seven, pur non essendo forse un capolavoro su tutta la linea, presenta alcuni dei paesaggi sonori più emozionanti che mi sia capitato di sentire da molto tempo a questa parte. Già l'iniziale "Boring Angel" basta per sterilizzarsi a dovere le orecchie. Una cavalcata di synth "basici" o "retrò", che da sempre assecondano il gusto dell'autore, corrono in staccato da una cuffia all'altra. E' minimalismo, un Reich o un Glass come suonerebbero se fossero processati da un campionatore intento a scomporre e ricomporre continuamente ogni singolo frammento. Ciò che colpisce di questo disco, oltre alla "stranezza" dei campioni usati, pezzi d'antiquariato e cori sintetici, è proprio lo stile compositivo usato. Sia che si tratti di pezzi più "melodicamente ariosi" (leggasi - alla cazzo) che di altri più "beat-oriented" (e dalla struttura "minimalistica") sebbene non ci sia praticamente MAI un beat in sottofondo ad accompagnare nessun brano (a parte l'ultimo e - forse - il penultimo) l'ispirazione compositiva è sempre qualcosa di sensazionale, tra destrutturazioni continue e inaspettate, cori angelici, loop presi chissà dove, e un marcato ricorso a tastiere "ambientali", che ammetto possano non piacere a tutti, ma con cui io praticamente vado a nozze.
Manifesto programmatico di quanto detto può essere "Americans", un brano sensazionale che nel suo aprirsi e chiudersi continuamente rappresenta un pò il "sunto" della poetica di Lopatin. Ma è davvero difficile citare un pezzo in particolare che non mi abbia colpito, visto che praticamente tutti i brani, dal mastering, all'uso creativo degli strumenti alle (poche) voci pitchate, all'atmosfera generale che ne scaturisce, formano un quadro generale davvero unitario, e da questo punto di vista effettivamente concettuale. Potrei soffermarmi su come "Cryo" mi riporti a Silent Hill (!) o su come "Along" sia uno dei brani ambient più interessanti che mi è capitato di sentire da molto tempo, di come "Still Life" e "Chrome Country" (di chiara ispirazione trap) siano da sole più creative di tre quarti del catalogo moderno "chill" scovabile su youtube, e senza prendersi nemmeno la briga di rientrare nel genere.
Potrei davvero parlare singolarmente di ogni brano, ma anche no. Dunque tiriamo le conclusioni: R Plus Seven è uno spartiacque? porta davvero avanti il discorso elettronico? diamine no. La cosa in cui è riuscito davvero Lopatin, a mio modesto parere, è nell'implementare l'ordine nel disordine (o vicecevera). Caos e ordine si equivalgono nei suoi pezzi fino a confondersi, ed è da notare a questo proposito, con quanta disinvoltura - e quanto spesso - il nostro passa da momenti sostenuti e "pieni" ad una improvvisa tastiera "meditativa", senza soluzione di continuità. Cose già fatte e rifatte, ovviamente. La sperimentazione sul caos non l'ha di certo inventata Lopatin, nè ovviamente il "rilascio improvviso della tenzione", ma raramente mi è capitato di vedere interiorizzati e postulati questi concetti musicali "colti" da un artista "pop" quale è lui, e soprattutto con una personalità tale - è bene rimarcarlo - nella visione d'insieme e nella scelta della "palette di suoni", da rendere il quadro complessivo, se non innovativo in senso assoluto (è possibile, dopotutto, essere innoativi al giorno d'oggi? annosa questione) quantomeno personale. Da seguire.
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