Il vasto mondo del metal, a cui anche gli Oomph! appartengono, è sempre stato contraddistinto da un certo, per così dire, conservatorismo: molti gruppi ultracelebrati hanno basato tutte le loro fortune sulla ripetizione pedissequa di stilemi canonici ed immutabili, il cambiamento è spesso visto con sospetto, con diffidenza: basti pensare ai tentativi di rinnovamento (leggasi rinfrescamento) degli Iron Maiden e dei Judas Priest, puntualmente accolti con bordate di fischi, bocciati dopo un paio di album a favore del grande ritorno alle care, vecchie (stantie?) e rassicuranti certezze; Dero, Crap e Flux sono stati facilitati dal fatto di appartenere ad una frangia innovatrice e progressista del sopraccitato mondo, ma per attuare un profondo cambiamento del proprio sound ed anche della propria immagine bisogna esserne davvero convinti, sfruttare il momento migliore e mantenere comunque intatti certi improrogabili principi di coerenza, e quello degli Oomph! è uno dei pochi casi di "grande svolta" di un gruppo comunque relativamente affermato e con un certo pedigree che sia stata mantenuta e portata avanti con fermezza.
Se non vi siete persi le puntate precedenti, probabilmente già saprete che gli Oomph!, dall'esordio datato 1992 fino ad "Unrein" hanno seguito una filosofia di continua evoluzione, affinamento e graduale aggiunta di nuovi elementi; un po' quello che in Giappone chiamano Kaizen, l'allenamento, la pratica che step by step avvicina alla perfezione. Siamo nel 1999, Dero e soci sono arrivati alla soglia dei trent'anni e vantano un palmares straordinario: un ottimo esordio, "Sperm" album pioniere della Neue Deutsche Harte, "Defekt" e "Unrein" grandi dischi, "Wunschkind" capolavoro: cosa fare dunque? Adagiarsi sugli allori, continuare a sfornare copie dei sopraccitati fatalmente sempre più scialbe e caricaturali con il passare degli anni? No, sarebbe stato come tradire la propria filosofia, quindi ci vuole di più, un'altra evoluzione non è più possibile, è tempo di rivoluzione. Chiamatela, se volete, svolta pop.
Tre stelle, mai voto fu più fallace ed ingannevole, ma tirando le somme è quello più giusto per "Plastik", secondo album del periodo Virgin, l'album della grande svolta. Lodevole negli intenti, controverso nell'esito finale, con "Plastik" gli Oomph! propongono canzoni più strutturalmente semplici e dirette, con un background più elettronico e suoni più puliti ed accessibili. Cambia anche l'approccio canoro di Dero, la cui indole da screamer ursino viene messa in secondo piano in favore del lato più chiaro della sua voce. "Plastik" trova due punti cardinali nelle canzoni simbolo di questa svolta: "Das Weisse Licht", corredata da un bellissimo videoclip, in parte ispirato a quello di "Black Hole Sun" dei Soundgarden, mostra il completo cambiamento anche nel look di Dero, è veramente qualcosa di magico, straordinario e totalmente inedito per gli Oomph!: una melodia ipnotica, vellutata, di un'eleganza sonora fino ad allora sconosciuta; l'arrangiamento è semplicemente perfetto, flawless, e Dero sbalordisce sfoggiando una voce profonda e baritonale, suadente, cristallina, di un fascino straniante. A questa overdose di luce fa da contraltare il gorgo passionale di "Fieber", arricchita dalla prestigiosissima presenza della Diva Nina Hagen, anche qui orchestrazioni ed effetti sonori dominano la scena creando un'atmosfera quasi gotica, intrigante, coinvolgente e con una punta di morbosità, esaltando nel migliore dei modi l'accostamento di due vocalità straordinarie come quelle di Dero e di una sensualissima Hagen.
"Das Weisse Licht" e "Fieber" entrano di diritto nell'Olimpo dei massimi vertici raggiunti dal trio, sono due picchi da capogiro che da soli valgono il prezzo dell'album e di conseguenza rubano un po' la scena al resto del disco, che comunque presenta altre canzoni di squisita fattura come l'ipnotica e decadente "My Own Private Prison", costruita con la sola elettronica, in cui si segnala un'altra magistrale performance di Dero, il midtempo "Kennst Du Mich" e la veloce, intensa e variegata "Mein Traum", ottimi pezzi che si contraddistinguono per il perfetto amalgama dei suoni e melodie forti e convincenti, di grande impatto, che rappresentano un po' il paradigma di questi "nuovi" Oomph!; "Plastik", con questo capisaldi è un album nato con le stigmate del capolavoro, peccato che il resto, beh, non sia assolutamente all'altezza degli episodi migliori, e se "Scorn" e "Keine Luft Mehr" possono comunque vantare un bel tiro pezzi come "Goldenes Herz" o "Hunger" scivolano via senza lasciare traccia, addirittura "Nothing Is Real" finisce per diventare quasi irritante con il suo riffettino thrasheggiante freddo, monotono e qualunquista. Questi passaggi a vuoto finiscono irrimediabilmente per intaccare il giudizio globale sull'album, senza nulla togliere alla sua cruciale importanza.
Considerando che la Virgin è una major discografica, che le major sono notoriamente assetate di soldi e che "Plastik" suona radicalmente diverso rispetto al suo predecessore "Unrein", risalente ad appena un anno prima è facile ipotizzare che la band sia stata forzata nella lavorazione del disco, e questo ha finito con il peggiorare la loro cronica "inclinazione" ai filler; l'esito fallimentare del successivo album "Ego", che (direi per fortuna) segnerà la fine del rapporto con la Virgin avvalora ulteriormente questa tesi, ma questo non deve sminuire il valore e l'importanza di un disco come "Plastik", che dimostra ulteriormente le qualità e il camaleontismo degli Oomph! con un maestoso Dero in testa.
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