E la crisalide divenne una splendida farfalla...

Con il loro secondo album, del 2005, gli Open Hand fanno un importante salto di qualità a livello stilistico e compositivo. Figlio di una lavorazione travagliata, il disco ha visto la luce dopo un periodo di stallo del gruppo e una modifica della line-up, che ha portato all'ingresso del batterista-cantante Paxton Pryor e del chitarrista Sean Woods in luogo di Alex Rodriguez e Beau Burchell.

In "You And Me" il punk-rock e l'emo-core, prerogative di "The Dream", vengono mescolati con elementi del rock anni '70, del metal, dello stoner rock e della melodia pop. La band di Hollywood cambia pelle, ripartendo da ciò che erano stati gli episodi migliori dell'esordio, come "The Dream", "In Your Eyes" e "6/26", e compie un balzo in avanti, aprendo la propria musica a mille influenze. Il suono si fa più caldo, come la voce di Justin Isham, in alcuni casi quasi soul, la produzione più levigata e attenta ai minimi particolari, lo spettro compositivo più ampio e sfaccettato. Soprattutto "You And Me" contiene canzoni memorabili, con melodie che colpiscono dritto al cuore e ritmi trascinanti a cui non si può resistere.

La qualità d'insieme del lavoro è stupefacente e conferma una delle principali regole del music business, secondo cui dalle situazioni più difficili per gli artisti vengono fuori i loro dischi migliori. L'apporto decisivo lo dà sicuramente Pryor, che col suo stile rock "colto" indirizza la musica del quartetto verso orizzonti più ampi. È inoltre un'altra voce che si aggiunge a quella splendida di Isham, e ciò rappresenta la base per ulteriori inserimenti di voci femminili, che danno alle canzoni maggiore originalità.

Il primo pezzo fa subito capire di che pasta sono fatti i quattro: "Pure Concentrated Evil", un concentrato appunto di stoner, rock e melodia, che in appena un minuto e mezzo già indica uno standard preciso e di gran classe. Dopo il primo assalto le acque si calmano un po': ecco "Her Song", brano sinuoso, col basso seventies in primo piano, l'anima profondamente black, e qualche sapore di doorsiana memoria. Appena il tempo di svegliarsi dall'ipnosi e c'è il pezzo forte, "Tough Girl". Trascinante, elementare e superba rielaborazione dei tre accordi su cui si basa tutto il rock'n'roll. Provate a stare fermi mentre la ascoltate: è impossibile! L'impasto delle voci maschili e femminili è spettacolare e la melodia già da classico. Una canzone che potrebbe essere ascoltata cento volte senza stancare. Al termine si sente anche un pubblico che applaude, ma le delizie non sono assolutamente finite. Si ode in lontananza una chitarra in distorsione che introduce la splendida "You And Me", brano capolavoro del disco. Incedere granitico e melodia superba, anche se un velo di tristezza ci copre il volto.

"Tough Guy", gemello eterozigote di "Tough Girl", ci fa riprendere dall'emozione con il suo ritmo coinvolgente e ci introduce al resto del disco. Il trittico affrontato è però il cuore dell'album con i due brani gemelli "Tough Girl" e "Tough Guy" uniti dalla loro giusta connessione "You And Me", quando anche la scelta dei titoli non è casuale. "Jaded" è un breve e suggestivo brano che ci porta in una sorta di stato di sospensione, grazie alla sua bellissima coda vocale. Le canzoni iniziano ad alternarsi come pezzi di un piccolo puzzle: la virilità musicale di "The Ambush", "Take No Action" e "Waiting For Kathy", dove paradossalmente sono le voci femminili a dare l'apporto energetico maggiore, il malinconico splendore di "Crooked Crown", le reminiscenze seattleane di "The Kaleidoscope".

Unica nota stonata è anche il brano forse più sperimentale del disco: "Newspeak". La sua sospensione elettro-spaziale non equilibra purtroppo un ritornello che ricorda troppo quello di "I Was Made For Loving You" dei Kiss, non certo una delle citazioni più nobili che si potessero fare. Altro piccolo difetto è la brevità di molti brani che lascia nell'ascoltatore un piccolo senso di incompiutezza. La velocità cede poi il passo alla malinconia con la meravigliosa "Trench Warfare", capolavoro assoluto nelle vesti di una ballata rock intima, delicata e sognante. Il disco si chiude con il brano più hard rock che gli Open Hand potessero scrivere, "Hard Night", dove l'energia e il virtuosismo dei singoli musicisti trovano il giusto momento di sfogo. Ma non è finita qui perché la band ci fa un ulteriore regalo come bonus track: "Elevators", dolce e calda ballata rock introdotta dai versi di alcuni gabbiani.

Il disco sancisce la definitiva maturazione di una band che sicuramente farà parlare di sé, ancora giovane ma già autrice di un piccolo grande capolavoro.

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