L'umido abbraccio autunnale, pioggia di emozioni recondite, preziosamente custodite tra foreste di antichi ontani. Venti di solitudine, sussurri dolorosi, sfuggenti boccoli biondi di aurea grazia, silenziose giornate illuminate da focolari freddi e spenti.
La malinconia sfavillante arde nei suoni di chitarre dalle tetre distorsioni, le carezze di tastiere nel buio di notti novembrine e gli acustici baci rubati ad estati orgasmiche.
Una voce dagli assurdi connotati narra storie tristi che di melenso nulla posseggono. Gutturalmente rabbiosa a tratti, stempera gli atteggiamenti sguaiati con tonalità tra il leggiadro e il litanioso.
Debordanti aperture sinfoniche danno sfogo alla convulsa bellezza di paesaggi delicati ma profondamente tenebrosi. Il romanticismo dilaniato serpeggia tra i contorni di lande abbandonate al gelo spietato, mentre calano le ombre su serate illuminate da fioche luci soffuse.
Il cantante è solo, piange di rabbia lancinante ma allieta simultaneamente con note di purezza mai dimenticata, ci trascina nel vortice di brezze autunnali, verso parchi silenziosi dove verdi manti erbosi fondono lacrime di brina luccicante in specchi d'acqua dai fodali scuri e fangosi.
Suoni metallici schiaffeggiano armonici tappeti melodiosi dolcemente vellutati, prepararano il viandante ad un lungo viaggio, una cavalcata in groppa a bianchi puledri dalle bronzee criniere. Criniere come fluttuanti lingue nebbiose annuncianti l'arrivo della regina dei sogni feriti e delle occasioni perdute, donna a lungo agognata e sempre sfuggente.
Il suo abbraccio apre le porte alla stagione delle nevicate, alla bellezza di terre fulgidamente sospese nel biancore accecante di ghiacciai eterni.
Un ultimo etereo sospiro conduce il viaggiatore al cuore, al centro di un inverno intriso di passioni incontenibili. Lentamente la sorgente delle lacrime si estingue ed i capelli si asciugano. "Ghost reveries" termina nel silenzio.
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