A ben 5 anni di distanza, riecco gli Orange Goblin. Questi quattro puzzolenti inglesi sono spuntati di nuovo, con il loro "A eulogy for the damned", dopo un lustro di silenzio che proveniva dalle sabbie di "Healing through fire".
Il nuovo lavoro dei londinesi va preso per quello che è: un sano disco di stoner metal, in cui ciò che conta è l'attitudine ruvida, il riffing e l'atmosfera priva di fronzoli. Dagli Orange Goblin non ci si aspetta la raffinatezza, ma soltanto il loro sporco lavoro. Questo cd lo dimostra appieno. Non aspettatevi da AEFTD un cambio di rotta, un ammorbidimento del sound. Quello che i nostri avevano fatto in passato quì torna tale e quale.
L'unico elemento mancante quindi è l'originalità. Per il resto ci sono tutti quelli che si chiedono ad un platter di questo tipo: grezzume, potenza, aggressività. Il matrimonio perfetto di tutti questi principi basilari è già nell'iniziale "Red tide rising", che richiama i tempi perduti del loro stoner degli esordi. Pezzo tremendamente cazzuto, così come lo sono tutti i 10 brani che compongono il cd. La qualità generale rimane su livelli medio alti e trova spunto nella seconda parte del cd, in song come "Death of aquarius", "The bishops wolf" e in "Return to Mars".
Non c'è modo per dilungarsi sui sofismi compositivi di Ben Ward e dei suoi pidocchiosi compagni di merende. "A eulogy for the damned" è un lavoro di mestiere e sostanza e va preso con tutti i clichè del genere. Basta saperne apprezzare le sfumature grossolane.
Birra e sabbia dalla cupa Inghilterra.
1. "Red Tide Rising" (4:49)
2. "Stand For Something" (3:45)
3. "Acid Trial" (4:11)
4. "The Filthy & The Few" (3:31)
5. "Save Me From Myself" (5:57)
6. "The Fog" (6:45)
7. "Return To Mars" (2:26)
8. "Death Of Aquarius" (5:48)
9. "The Bishops Wolf" (4:38)
10. "A Eulogy For The Damned" (7:13)
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