Musica che conduce in orbita, una crociera interplanetaria tra galassie lontane e mondi perduti o finalmente (ri)trovati. Questo sono Paul e Phil Hartnoll, fratelli/autori della magnifica sinfonia simbiotica che è "Orbital 2 (Brown Album)", secondo capitolo di un viaggio intrapreso due anni prima, alla scoperta dei territori più remoti di una techno che sa essere brain e stomach, mentale e fisica, anima e corpo (e anche immagine).

Dieci tracce di vita in universi lontanissimi, sondati dai due con una strumentazione analogica/digitale terribilmente avanti per il tempo, così tanto da renderlo circolare (where time becomes a loop, come ci informa il groviglio di voci in "Time Becomes"). Tra l'inizio e la fine(?), le varie sfaccettature di un suono a volte plasmato sul breakbeat ("Planet Of The Shapes" o un devastante "Impact"), in altre occasioni più orientato verso la cassa pari e la foga da MDMA (le due parti di "Lush 3", un doppio che è già tre, già avanti, già al di là del tempo di riproduzione...). Come on, "Walk Now...", trasportati da synth-basses che fanno crollare i muri (del suono?) per poi perderci nel vento di "Halcyon And On And On", con la voce/sample eternamente frammentata e sdoppiata in unico grande sospiro. Magia. Input. Translation. I Tangerine Dream nell'era del dancefloor, rigorosamente atemporale per un album così consapevolmente calato nella classicità.

Where time becomes a loop, the rest is silence.

 Voto: 4,5 (+ o -).

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