Fin da subito va detto che gli Orchid sono derivativi. Ebbene si, questo quartetto californiano è diretta emanazione di Iommi e della creatura sabbatthiana e ciò che suonano lo abbiamo già sentito e risentito, masticato e rimasticato. Ciò non toglie che nel grande e sulfureo mondo ormai alla deriva del metal tutto, loro sono quantomeno un residuo di speranza di fronte alla fine imminente di un genere vicino al suicidio.

"Sign of the Witch" è solo un EP (luglio 2015), partorito a due anni di distanza dal secondo disco, "The Mouths of Madness". Quattro pezzi e nient'altro. Ma a volte anche quattro brani possono dire qualcosa: senza iperboliche sofisticazioni musicali, gli Orchid vomitano richiami doomeggianti dal sapore estremamente vintage e seventies e la canonica forma-canzone di "Helicopters" e "John the Tiger", in realtà tradisce la vicinanza al vecchio blues dell'assolata California. Il basso di Langevin costruisce e pulsa come Geezer ha insegnato e la chitarra di Baker puzza come è giusto che sia. La voce di Mindell richiama quella sgraziata di Ozzy, ma lo avevamo detto, gli Orchid li abbiamo già sentiti. Chi non rintraccia convergenze tra l'immortale "Supernaut" e "Sign of the Witch"?

Ora, tranne qualche reiterata ripetizione nell'acida ballata "Strange Winds", questo EP è un "già sentito" che merita ugualmente di essere ascoltato. Forse sono quei suoni stantii e dissonanti a risvegliare vecchie emozioni.

1. "Helicopters" (4:06)
2. "John The Tiger" (4:53)
3. "Sign Of The Witch" (4:23)
4. "Strange Winds" (5:30)

Carico i commenti...  con calma