Il più longevo gruppo della storia del jazz si forma alla fine degli anni sessanta, dato che i suoi primi due membri fondatori, Ralph Towner (piano, chitarre) e Glen Moore (contrabbasso), si conoscono dai tempi del college. Un periodo ricchissimo di fermenti e di scambi culturali, dove gli artisti cercavano di integrare quante più possibili suggestioni ed influenze nella propria musica, all'insegna dell'utopica ricerca di un "linguaggio universale".
Assieme all'oboista Paul mcCandless e al percussionista (ma anche etnomusicologo) Collin Walcott si trovano a suonare assieme nel Paul Winter Consort, un ensemble rivoluzionario per i tempi, che tenta di far convivere jazz, musica classica europea ed indiana, con una strumentazione quanto mai varia ed inusuale, comprendente piano, chitarra, sax, violoncello e percussioni di ogni provenienza geografica. Fuoriusciti dal Paul Winter Consort gli Oregon danno alle stampe una serie di lavori memorabili e molto "avventurosi" per l'etichetta Vanguard, come "Music Of Another Present Era", "Winter Light" e "Distant Hills". "Out Of The Woods" segna il passaggio all'etichetta Elektra. La musica si sposta leggermente di coordinate, diventa in qualche modo più "concreta", compare più frequentemente lo schema tema-assolo-tema; la minore propensione all'esplorazione totale viene compensata dalla maggiore concentrazione di ogni musicista sul proprio strumento, che regala spesso e volentieri perle strumentali di valore assoluto.
Ed è proprio un etno-jazz da camera quello che apre il disco, "Yellow Bell". Towner, che a dispetto del suo magistero chitarristico, nasce pianista, ci regala un bell'assolo di chiara influenza evansiana, seguito a ruota da un borbottante Glen Moore.
L'influenza della musica indiana è chiaramente percepibile nel raga ipnotico di "Fall 77", con un assolo di flicorno di Towner, poi ripreso al solo pianoforte. In tutto il disco vi è un continuo dispiegamento delle capacità di multistrumentista di ciascuno dei quattro, tutti suonano di tutto. Walcott, uno dei pochi occidentali capaci di suonare il tabla a livello dei colleghi indiani, ci dà un assaggio della sua arte in "Cane Fields", un brano elegiaco affidato al lirico oboe di McCandless. Ottimo l'accompagnamento di Towner alla dodici corde. L'interplay è al calor bianco nel trascinante inno "Dance to the morning star", dove il pulsante basso di Moore, assieme a Walcott, momentaneamente passato alla chitarra, forniscono il supporto ad uno scambio fra Towner (ancora alla dodici corde) e McCandless all'oboe degno di aurea cornice...
Capolavoro di intelligenza compositiva è "Waterwheel" di Towner, forse il brano che maggiormente si rifà al background classico del chitarrista. Su un ostinato arpeggio di chitarra classica, l'oboe di McCandless disegna delicate variazioni di rara bellezza ed intensità. Il brano è permeato da una forte drammaticità, il basso ed il tabla ricordano davvero il gorgogliare di un mulinello d'acqua, ed alla fine la chitarra di Towner spezza l'incanto concedendosi un assolo in totale solitudine.
Chiude, davvero in bellezza, una versione dilatata di "Witchi-Tai-To", moderno standard firmato dal sassofonista "native american" Jim Pepper, già interpretato dagli Oregon su "Winter Light". L'intro iniziale di sitar ci trasporta all'istante in un mondo fatato, per poi cedere il passo ad una delicata ninna nanna in 11/8. Da qui in poi accade di tutto: cambi di tempo, assoli di Towner sia alla sei corde sia al pianoforte che, finalmente, si degna di suonare in modo intensivo - mai abbastanza, comunque! Un brano che diventerà un cavallo di battaglia del gruppo, riproposto in più occasioni e con diversi arrangiamenti nei concerti dal vivo.
Fino a qualche tempo fa il disco era in offerta su Amazon assieme all'altrettanto bello "Roots In The Sky". Due ottimi CD al prezzo di uno, approfittatene.
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