Ornette Coleman è nato nel 1930 a Fort Worth ed è uno dei più grandi innovatori americani del jazz. L'esordio bepop del 1958 di "Something Else" mostra un quintetto formato da lui, il trombettista Don Cherry, il batterista Billy Higgins, il bassista Don Payne e il pianista Walter Norris.
Nessun centro tonale, improvvisazione ubriaca e note lancinanti di sax. Un modo di suonare universale. Coleman fa parte di quella schiera del free jazz che sarà molto importante per la fusione con il rock degli anni Sessanta. Nel 1959 la complessità e l'unicità del genere è consacrata da album come "The Shape Of Jazz To Come" aventi brani del calibro di "Congeniality" o l'incedere seminale di "Lonely Woman" e "Turnaround". Tutti gli strumenti sono amalgamati alla perfezione e non c'è una base data dal piano, per esempio. Le note lancinanti di Coleman si inerpicano in sentieri indipendenti e mai fini a sè stessi. Non si rispettano le scale ma si danno libero sfogo a squittii, assoli e urli da parte dello strumento.
C'è democrazia però all'interno dell'improvvisazione, ogni elemento viene messo magicamente in risalto nel caos generale. E' il "classico" e miracoloso caso di "perfetta anarchia", della consapevolezza e della presenza di regole all'interno della più pura libertà. E' ospite alla tromba di "AOS" in "Yoko Ono/Plastic Ono Band" del 1970 e, nel 1972, con "Skies Of America" fa marameo a Cage e alla sua sospensione dell'astrattismo aleatorio. Una suite orchestrale che conferma l'aspetto camaleontico di Ornette. In "Science Fiction", dello stesso anno, troviamo la follia riscontrabile anche in altri lavori dell'epoca come Keith Tippett o i Centipede. Quindi il completarsi del suo disegno free, avanguardistico.
1977. Esce "Vernal Equinox" di Hassell e tanto punk. C'è anche "Dancing In Your Head" di Ornette e il suo artwork surrealista. Viene spodestata la risaltante base funky e la guida del basso pomposo per creare dialoghi inconcepibili tra il sax di Coleman e le fide linee di chitarra di Ellerbee e Nix. Tutto ciò è supportato dalla percussiva batteria di Shannon Jackson, uno schiacciasassi.
"Theme From A Symphony" è la suite di ventisei minuti divisa in 2 parti. La prima è dirompente nel proporre il nevrotico tema e tutte le sue efficaci variazioni. E' divertente provare ad ascoltarla ogni volta concentrandosi solo sul lavoro di uno strumento. Troviamo che tutti gli strumenti percorrono un mondo a sè, ma nello stesso tempo perfettamente sintonizzato con quello dell'altro. E' questo lo scopo del free jazz e Coleman ne è il capostipite, l'ideatore.
Un elogio va fatto anche al movimentato basso di Rudy McDaniel e al clarinetto estraniante di Robert Palmer in "Midnight Sunrise". Questo è l'altro brano, che non mostra nè cali d'interesse e nè frivole improvvisazioni. Una sorta di raga ululato dal sax e dalla stordente marzialità delle percussioni. Dopo di ciò troviamo tanta altra musica, molti album e concerti fino a pochissimi anni fa. Proprio l'11 giugno di quest'anno si è spento il padre del free jazz.
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