OSI non è altro che un progetto. Un super-progetto. Uno dei tanti side-project a cui i prog-player più famosi del mondo ci hanno abituati.

E quindi con personalità quali Mike Portnoy (Dream Theater), Kevin Moore (Chroma Key e guarda caso ex Dream Theater) e Jim Matheos nasce il primo capitolo della (per ora breve) saga OSI. Naturalmente la parata di stelle avrebbe potuto allargarsi introducendo Daniel Gildenlow alla voce (per chi non lo sapesse, il cantante dei Pain Of Salvation), ma ha voluto fare quasi tutto il caro Kevin Moore, impeganto anche alle tastiere.

E ciò che ne è uscito fuori è un disco che è sicuramente progressive, ma che presenta una voglia di novità ed è permeato da una freschezza oggi difficilmente riscontrabile in ambito prog. Ci sono naturalmente varie influenze nascoste nei brani del disco, a partire dagli stessi Chroma Key fino ad arrivare ai Fates Warning, ma sono dettagli che solo un orecchio attento al progressive odierno riuscirebbe a trovare. Analizzando i brani nella loro successione ci si accorge della loro eterogeneità stilistica: si passa dal progressive più classico di brani come l'iniziale "The New Math (What he said)" e la successiva "OSI" alle parti più malinconiche e quasi acustiche delle successive "When you're ready" "Hello Helicopter" e nella dolce "StandBy(looks like the rain)".

Ma si esplorano vari territori, soprattutto elettronici che richiamano alla mente anche atmosfere più vicine ad un rock-progressive anni 70, che non alla sua derivazione metal attuale. Parlo di "Horseshoes and B52'" o della inquietante "ShutDOWN" con la sua infinita durata. Il vero capolavoro del disco sarebbe l'ultima traccia: una suite di 17 minuti ed oltre dal titolo "The thing that never was". È varia, si passa da atmosfere sinistre e pesanti sino a lidi più calmi e romantici. È un disco sostanzialmente di difficile, anzi difficilissima assimilazione. Un disco sicuramente talentuoso: come negare l'incommensurabile valore dei musicisti ?

E sicuramente offre spunti interessantissimi, oltre che una freschezza, una originalità indiscutibile e quella voglia di "osare e strafare" che in ambito prog non guastano mai. Da ascoltare più volte e da amare.

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