Fa un pò tristezza vedere la pagina di Otis Rush così vuota, nessuno che si degni di definirlo o recensire un suo disco, come se fosse l'ultimo degli stronzi, poveraccio...

Eppure questo signore ha scritto "All Your Love (I Miss Loving)", uno dei blues più belli e reinterpretati di sempre, oltre ad aver contribuito a forgiare il suono del West Side di Chicago, insieme a gente come Buddy Guy e Magic Sam, rispetto ai quali sviluppa uno stile meno "selvaggio", sia dal punto di vista strumentale sia come cantante: mancino, come Albert King esegue i bending tirando le corde verso il basso e si basa su un modo di fraseggiare più pulito e fluido rispetto ai suoi due colleghi prima citati, dando il meglio di sè nei pezzi lenti, oltre ad avere una voce molto calda, dalle forti tinte soul.

Nonostante le sue indubbie doti però non raccoglie quanto meriterebbe, principalmente per motivi dovuti a scelte discografiche sbagliate, che, dopo aver sfornato numerosi singoli di successo alla fine degli anni '50, lo costringono a riciclarsi come sessionman da studio per quasi tutti gli anni '60. Negli anni '70 e '80, pur impegnandosi strenuamente nell'attività live, pubblica pochissimo, tanto che questo "Ain't Enough Comin' In", uscito nel 1994, arriva ben 16 anni dopo il suo ultimo disco da studio e rappresenta il riscatto di tutte le frustrazioni e le delusioni accumulate in questo lungo periodo.

Sedici anni di attesa ben ripagati.

Grazie a questo disco infatti Otis Rush dimostra nel migliore dei modi che, dopo quasi quarant'anni dal suo esordio, è tutt'altro che un artista finito ed è ancora in grado di dire la sua.

In parole povere "Ain't Enough Comin' In" è un disco coi controcazzi, suonato meravigliosamente e prodotto altrettanto bene, in cui la chitarra e la voce di Rush sono supportate da una band in cui i fiati hanno un ruolo fondamentale, come vuole lo stile West Side, dando vita a dodici blues in cui ogni nota trasuda una classe cristallina. Fatta eccezione per la titletrack, l'unico pezzo originale, la tracklist recupera due pezzi dal repertorio dello stesso Otis Rush ("Homework" e "She's A Good 'Un") e pesca anche in quelli di Albert King ("Don't Burn Down The Bridge" e "As The Years Go Passing By"), B.B. King ("It's My Own Fault"), Sam Cooke ("Somebody Have Mercy" e "Ain't That Good News"), Irma Thomas ("If I Had Any Sense I'd Go Back Home"), Ray Charles ("A Fool For You"), Percy Mayfield ("My Jug And I") e Little Milton ("That Will Never Do"), che vengono marchiati a fuoco dai soli infuocati e dalla strepitosa voce di Otis.

Chi vuol godere si accomodi.

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