Secondo disco per questo gruppo che fin dall’esordio (omonimo nel 2000) si è staccato nettamente dai vari trend che imperversano ormai nel panorama musicale italiano.
Né troppo pop (sputtanati da milioni di passaggi radio e sovraesposti su tv e giornali fino alla nausea) né alternativi con la puzza sotto il naso che disprezzano lo showbiz che dà loro il pane. Gli Otto Ohm sono semplicemente loro stessi e vanno avanti proponendo la musica come piace a loro, un dub ritmato che diventa, all’occorrenza, reggae scanzonato o ballad sognante.
“Pseudostereo” (del 2003) è l’ideale prosieguo di “Otto Ohm” e contiene alcuni spunti interessanti anche nelle lyrics. “Indiano metropolitano”, ad esempio, è un arido ritratto delle metropoli nostrane, dove solo costruendo una corazza di indifferenza si riesce a sopravvivere in ambienti senza aria e senza colore. Il ritmo è incalzante, il cantato quasi rap, le argomentazioni convincono. “Fumodenso” , che apre la tracklist, inizia con 1 giro di chitarre elettriche sostenuto da un “a tempo” di batteria ad accompagnare la voce del bellissimo cantante (mi sfugge il nome, chiedo venia) che tra echi ed atmosfere ambient parla d’amore in quella maniera particolare, mai banale eppure vicina alla vita quotidiana, che tanto amo in questo gruppo.
Ritorna il dub nudo e crudo in “Dee-lay”, con accenni elettronici, proprio una canzone alla Otto Ohm per musica e testi. Vi segnalo come al solito la perla del cd, che qui è “Oro nero” . Singolo che ha accompagnato il lancio dell’ album, abbastanza passato in radio e meno sulle tv musicali, forse perché sostenuto da un video decisamente brutto e fuori luogo che non ha niente a che vedere con la canzone in sé, per quanto possa essere ben fatto (un minifilm che si svolge in un albergo). Il testo continua a parlare d’amore, in maniera molto intimistica e introspettiva, usando un linguaggio semplice ma, forse proprio per questo, geniale. Ho amato moltissimo questo pezzo, ho cantato e stracantato
“Quando ami per davvero non ti basterà il futuro, vuoi soltanto avere lei che vale più dell’oro nero; puoi svegliarti una mattina a respirare il suo cuscino, fisso sul soffitto dire piano è tutto vero è tutto vero….”.
La prima parte è quasi acustica, la voce è ispirata e dolcissima, l’andamento è progressivo e dolce, una vera ballata. Solo dopo il primo ritornello si inserisce il tempo dub, che tuttavia non risulta assolutamente fuori luogo, anzi si amalgama perfettamente nel contesto di un pezzo che resta in testa e che non si accontenta di un solo ascolto.
Chiudono con le atmosfere reggaeggianti di “Christina non lo sa”, un pezzo più duro anche nel testo: “Christina questo ancora non lo sa, che il mondo al contrario funziona; che un figlio di troia se la caverà e al suo posto c’ è un’ altra persona. Christina questo ancora non lo sa e ci vuole coraggio per dirglielo [… ] Facce senza una dignità, la loro anima è double-face, giocano in giro con un furgone portavalori per farti credere che hanno tanti diamanti al loro interno e invece sono pieni soltanto di tanta merda.”
Bene, bravi, sette più.
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