"I Hear Black", settima uscita degli Overkill nel lontano 1993, rappresentò per molti fan della band statunitense una sorpresa, se non una delusione.
I nostri venivano da una serie di album freschi, vivi, molto giovani; da "Feel The Fire" ne avevano fatta di strada, e si erano fatti conoscere in patria e fuori per i loro tratti caratteristici: la velocità, la grinta, il mood quasi punk del loro thrash metal, personale ma non troppo innovativo. Con questa uscita Bobby "Blitz" e soci tentano di dare una svolta alla loro carriera, pur provenendo da quello che poteva essere senza dubbio considerato un successo, il mitico "Horrorscope".
E' in questo album che gli Overkill puntano al massimo sulla loro vena Blues, che tornerà anche in altri lavori ma mai così evidente; e l'influenza dei Sabbath si fa sentire più qui che altrove, quando invece predomineranno i toni aciduli quasi priestiani.

Ma la vera pecca dell'album, a mio giudizio, non è la soggettiva (in?)opportunità della direzione presa nel songwriting e nell'esecuzione; la produzione purtroppo segna il passo come forse mai era successo (e mai succederà) nella storia Overkill. I suoni sono grigi, vuoti, privi di corpo e di brillantezza, l'ambientazione è inesistente, la batteria ha un suono che pare venire da un fisher price, e persino la voce è spenta e opaca. Peccato, perchè i pezzi non sono tutti da buttare, anzi, c'è del bel materiale che dal vivo farà ottimamente il suo mestiere.
Si parte con "Dreaming in Columbian"; come loro solito, gli Overkill scelgono come opener una delle tracce più devastanti dall'album. Si cala un pò con "I Hear Black", piuttosto orecchiabile, e si risale vertiginosamente con "World Of Hurt", probabilmente uno dei pezzi maggiormente riusciti, anche se non particolarmente originale. "Feed My Head" risente clamorosamente dell'Ozzy-style, soprattutto nelle linee di voce e nell'incedere blues della marcia. E' la volta di "Shades Of Gray", un lento piuttosto piacevole, ma penalizzato dall'infelice scelta dei suoni. "Spiritual Void" è una ventata di originalità: il brano più blues e personale dell'intero album. Si scivola velocemente verso la fine dell'album, attraverso "Ghost Dance", un intermezzo completamente inutile, "Weight Of The World", una cavalcata thrash non particolarmente notevole, "Ignorance & Innocence", un altro pezzo I-Hear-Black-style, "Undying", l'ennesimo bel pezzo rovinato dalla produzione.
Si arriva all'ultima traccia, "Just Like You", e si ottiene una nuova conferma: l'ultima traccia di un album Overkill è sempre uno dei pezzi migliori. JLY è un mostro di potenza e di velocità che ti prende dalla prima all'ultima nota, un anticipo di quel thrash violento e ossessivo che gli Overkill riproporranno molti anni dopo.

Cosa ci rimane di questo "I Hear Black"? Un album di transizione, di un gruppo ancora alla ricerca di una svolta, di un'anima, di un cambiamento. Un cambiamento annunciato ma non ancora compiuto; un disco bello ma acerbo, che tuttavia ci lascia una manciata di canzoni che nei successivi live dimostreranno di poter dire la loro.

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