Sarà che "The Killing Kind" è il primo album che io abbia acquistato degli Overkill, invogliato da una bella cover della Priestiana "Tyrant" su "Legends Of Metal", probabilmente uno dei migliori album di tributo di sempre; sarà che, tutto sommato, ero ancora un ragazzino alla scoperta del metal (ma quand'è che ho smesso di esserlo?) e che, nell'anno della sua uscita, l'album era quanto di più moderno ci fosse nell'ambito di chi era rimasto fedele al "buon vecchio metal", contrapposto alle tendenze nu metal-crossover dilaganti; sarà per tutto questo e per altro, ma io a TKK sono particolarmente legato.
È, questo, uno degli album più aggressivi della band americana, con brani rapidi, isterici, ossessivi e tecnici. Decima uscita (considerando il bellissimo "Wrecking Your Neck", il miglior album live della band) non risente affatto della carriera ormai decennale di questi giovani, ma non giovanissimi, thrashers. E infatti l'album è fresco, fedele allo stile ma moderno, sufficientemente vario per non essere mai noioso e regalare tante emozioni, condite da qualche bella sorpresa. L'opener come da tradizione Overkill è da battaglia: "Battle" colpisce pesante sotto le percussioni sapientemente agitate dall'ottimo Tim Mallare. Lo si capisce subito, è un sound diverso quello della nuova era che si apre: la produzione dà una paga a tutte gli album precedenti, soprattutto in fatto di pulizia dei suoni, e il cambio di entrambi i chitarristi non può passare inosservato. Certo, si perde un pò di rawness; delle iniziali influenze punk non c'è più traccia, e anche la vena blues di Ozzyana memoria viene più spesso accantonata. Perchè "Killing Kind" è un disco finalmente maturo, consapevole, che sa bene dove vuole portare l'ascoltatore. E infatti il trittico iniziale ("Battle", "God-Like", "Certifiable") è potente e frenetico come non mai; si respira nelle cupe atmosfere di "Burn You Down/The Ashes", davvero affascinante, e si riparte subito con "Let Me Shut That For You". "Bold Face Pagan Stomp" ricorda maggiormente lo stile espresso in "I Hear Black", ma il contesto gli conferisce un significato completamente diverso. "Feeding Frenzy" è la consueta intro strumentale, fatta a posta per esaltare il potente basso di D. D. Verni e fare un pò sfoggio delle qualità tecniche della "nuova" band. "The Cleansing", terzultumo brano dell'album, ci riporta su binari più tradizionali della storia Overkill; "The Morning After/Private Bleeding" è invece un ballatone commerciale inaspettato, penalizzato soprattutto dall'utilizzo di sonorità che gli Overkill, diciamocelo francamente, non sanno proprio proporre; un piano introduttivo accompagnato da un synth ignobile ci convince a passare all'ultimo pezzo. E qui si torna agli Overkill che conosciamo bene, quelli dei pezzi rapidi e pesanti, tecnici e divertenti, con un Bobby Blitz Ellsworth che conferma di essere in gran forma, a chiusura di un album degno e compiuto.
Un test passato con successo, dunque, quello degli Overkill al loro ennesimo cambio (stravolgimento?) di formazione. Se c'è una caratteristica che contraddistingue il marchio Overkill è senza dubbio quello di sapersi reinventare, di album in album, mantenendo una coerenza stilistica e di fine che tanti gruppi con molti meno problemi di formazione non hanno mai saputo mantenere, attratti dal desiderio di fama e fortuna economica. Un ottimo motivo per continuare a comprare i loro dischi e ascoltarli con piacere, non trovate?
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