Ci sono degli album scritti per cambiare la storia della musica, e ce ne sono degli altri che sono, più umilmente, i dischi giusti al momento giusto. "Wide Fuckin' Open" (termine motociclistico), W.F.O. per gli amici, è uno di questi.

Correva l'anno 1994. Il thrash metal decadeva già da un pezzo, e sebbene alcuni dei protagonisti del passato decennio avrebbero fornito ancora grandi prove, la massa si muoveva in cerca di una via d'uscita originale o perlomeno riuscita. Qualcuno ce l'avrebbe fatta (Slayer, Sepultura), altri erano destinati a fallire, almeno per un pò (Testament, Metallica). I newyorkesi Overkill, alla loro ottava uscita, raggiungono invece il loro massimo livello di potenza, padronanza, eleganza furiosa; un album, questo "W.F.O.", completamente privo della benchè minima debolezza. Un prodotto perfetto; forse non un capolavoro creativo, ma sicuramente artigianato thrash ricco e vario quanto basta per molti ascolti filati (cosa rara, per il genere).

Si parte con il crescendo di "Where It Hurts", che fa capire subito di che pasta sono fatti i nostri. Il punto di forza dell'album è un cambio netto della produzione; anche se la pulizia delle ultime uscite è ancora ben lontana, si nota un sound personalissimo. A parte la voce acidula di Bobby "Blitz" Ellsworth, è il sound del basso il vero marchio di fabbrica degli Overkill, e qui D.D. Verni è davvero scatenato, supportato alla grande dal batterista Tim Mallare. Si arriva quindi a "Fast Junkie", decisamente speed, per poi tornare nel thrash più classico con la pesante e atmosferica "The Wait - New High In Lows", uno dei due pezzi migliori dell'album. Si riparte con una serie di song tipicamente speed metal, tra le quali si distinguono "Under One", per la potenza dei riff, il feeling blues (del resto vivo in molte produzioni targate Overkill) e il finale ossessivo e acido, "Supersonic Hate", per l'aggressività e la velocità, ma anche "R.I.P.", strumentale breve e carica di emozioni. È la volta di "Bastard Nation", il brano più commerciale, contrassegnato da un ritornello easy-listening e da un incedere, al solito, potente ed aggressivo.

Ma è all'ultimo brano che l'album riserva la sopresa. Un brano che è un vero capolavoro, e forse il miglior episodio non solo dell'album, ma forse dell'intera storia degli Overkill. "Gasoline Dream" è atmosfera, pesantezza ossessiva, vive di un suono originalissimo, con un testo visionario perfettamente accordato al sound appannato e volutamente disorientante. Un brano che si risolve nella consueta violenza, che ti obbliga ad alzare il volume bel oltre il sopportabile per apprezzarne fino alla fine l'acidità, la malinconia, la sofferenza. Nonostante la buona volontà e diversi album apprezzabilissimi, gli Overkill non riusciranno mai a riprodurre la perfezione stilistica e tecnica di "W.F.O.". Un must, non solo per i thrashers ma anche per chi si avvicina all'heavy metal più in generale.

Un'ultima chicca: il CD è composto da ben 99 tracce. Tutte vuote quelle tra la 11 e la 98, all'ultima riserva una perla per i fan degli Overkill; i nostri che, giocherellando in studio, affrontano "Heaven And Hell" dei Sabbath e "The Ripper" dei Judas Priest, i gruppi ai quali gli Overkill hanno sempre fatto riferimento, in due versioni davvero divertenti.

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