Una black comedy ambientata nel mondo della musica e basata su un romanzo del popolare scrittore John Niven, lo stesso autore di "The Second Coming" in cui raccontava un ritorno di Gesù nel mondo contemporaneo, un romanzo magari non particolarmente originale ma che dà un'idea dell'immaginario dello scrittore, sicuramente legato alla cultura pop del Regno Unito degli ultimi venti anni. Non ho letto invece il romanzo da cui è stato tratto "Kill You Friends" film del 2015 diretto da Owen Harris e interpretato da Nicholas Hoult nel ruolo di protagonista e che comunque riprende in effetti gli stessi contenuti di "The Second Coming" sul piano delle ambientazioni, quindi mi baserò esclusivamente sui contenuti del film nella recensione, cosa che peraltro nel valutarlo per quanto mi riguarda basta. Basterebbe anche se avessi letto il romanzo, ricercare una corrispondenza a volte distorce le possibilità di giudizio. Poi certo ogni opera va contestualizzata, ma qui parliamo di un film cui non vanno richiesti particolari contenuti al di là di quelli chiaramente mostrati.

Il protagonista è Steven Stelfox, un giovane cinico e ambizioso che lavora come producer in una casa discografica. Siamo in Inghilterra nella seconda metà degli anni novanta. Sono gli anni del boom di Blur, Oasis e Radiohead e di un fenomeno pop gigantesco come le Spice Girls. Il cosiddetto mondo "indie" entra nelle major e comincia a ampliare il range delle case di produzione, che in quel momento raggiungono il top per quello che riguarda le vendite e gli introiti commerciali. Si fa a gara a chi mette sotto contratto la prossima gallina tra le uova d'oro e un questo mondo poi ognuno si muove a modo suo. Il nostro protagonista è o almeno sarebbe uno scopritore di talenti, arrogante e chiaramente disinteressato alla musica, perso nei suoi eccessi nell'uso di droghe e dalla avidità di scalare posizioni in seno all'azienda per cui lavora, si può sicuramente definire come un giovane pescecane. Che poi a dirla tutta non è neppure particolarmente abile. Prende diverse "buche", il suo comportamento gli fa perdere occasioni importanti sul piano "redditizio" per quello che riguarda l'aspetto commercale e la sua visione del mercato musicale e dei gusti degli ascoltatori è a un certo punto così distorta da renderlo praticamente un inetto. Ma del resto non ci sono modi concreti per giudicare che cosa sia definitivamente buono e cosa no se pensiamo alle considerazioni relative il mercaot musicale. Quando parla di promozione, pubblicità e marketing chiaramente Steven Stelfox non dice nulla che non corrisponda alla realtà, ma il film mostra anche come solo questa visione in sé corrisponda a inettitudine e sia poi anche controproducente per la stessa casa di produzione.

Sicuramente prevedibile nei suoi risvolti, stilisticamente vicino al mondo letterario di Irvine Welsh e a quello cinematografico di Danny Boyle ovviamente, Guy Ritchie, considerare "Kill Your Friends" come un solo film di critica al mercato musicale sarebbe troppo banale. Le considerazioni fatte e riportate anche sopra sono fin troppo scontate e non diciamo nulla di nuovo. A dirla tutta sono forse pure stanco di questo let-motiv che mi sento ripetere da sempre e ho scoperto che la verità di tutto questo è che in fondo non me ne frega niente: che Lady Gaga guadagni milioni di euro per me è irrilevante. La corrispondenza successo = contenuti di qualità non ha nessun senso nel mondo della musica come in qualsiasi altro settore della nostra vita sociale. Poi si possono muovere le critiche al sistema, ma in fondo che critica si dovrebbe muovere a qualcosa di cui mi interessa zero e di cui in fondo l'artista stesso costituisce in ogni caso solo un mezzo più o meno consapevole. Attorno a Lady Gaga si muove una intera industria del mondo musicale, tutti ci guadagnano, ma in fondo l'unica che si è espone veramente è lei. Magari è quella che ci guadagna di più, ma non ne sono sicuro, comunque forse è l'unica che abbia veramente senso a guadagnarci davvero: in fondo sul palco e sotto i riflettori ci va lei e questo è tanto un privilegio quanto comunque un fatto. Tutti vogliono vedere lei e non chi ci lavora attorno.

Ma il discorso è fin troppo ampio e richiederebbe implicazioni diverse e di carattere sociale e che qui non vengono affrontate. "Kill Your Friends" è una black comedy cruda e con uno stile tagliente e ironico. I contenuti grotteschi e le trovate nella trama, ma pure nelle scelte del regista e della produzione nelle sequenze e le inquadrature, la colonna sonora inserita nel contesto British della seconda metà degli anni novanta, funzionano e ne fanno un simpatico film senza nessuna spettacolarizzazione particolare, forse andando in questo modo anche contro le stesse scelte e ideologie degli stessi protagonisti della storia e creando una specie di contrasto che magari alla fine abbia pure un senso sul piano etico.

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