Space-rock, progressive, fusion, psichedelia, world-music, new age...

...o più semplicemente... trip-rock!

Esiste? E se non esiste, poco male, ve lo conio sul momento: una batteria bombissima, un basso pastorizzato, tastiere sul paesaggistico andante, una chitarra fra il jazz e il rock che ti passa dal Page al Metheny al Van Halen come se niente fosse.

E poi percussioni a mano, flauti, elettronica, divagazioni etniche: cosa non c'è in questa musica che affonda le radici nella psichedelia degli anni sessanta e, passando dallo psycho-ambient più allucinogeno, finisce per approdare ai raduni rave dei nostri giorni?

Tutto questo sono gli Ozric Tentacles, collettivo di musicisti inglese che nasce nella metà degli anni ottanta e che ruota attorno alla figura del chitarrista/tastierista Ed Wynne: concerti fiume, multimedialità stonante, un miliardo di pubblicazioni all'attivo. Ed ogni album: una sessione di lobotomia che ricongiunge sistematicamente il nostro cervello agli inizi del percorso di emancipazione dal regno delle scimmie.

Difficile cader male con gli Ozric Tentacles, che hanno la sola colpa di riproporre sempre e comunque lo stesso album: ma nella loro vasta produzione discografica la quantità va di pari passo con la qualità, ed ovunque si sbatteranno le orecchie, s'incorrerà in un buon lavoro. E poi un album degli Ozric Tentacles ci vuole in casa, a prescindere da quali siano i propri gusti personali: che so, "Jurassic Shift", oppure "Erpland", due ottimi esempi di cosa i Nostri siano stati in grado di combinare fino ad oggi.

"Erpland", uscito nel 1990, è un po' la summa dell'intera carriera, e come tutti gli album degli Ozric Tentacles, è vivamente consigliato a chi vuole diventare Rocky Balboa in una giornata.

Come?

Ingurgitando d'un fiato una fialetta di LSD e poi mettendosi a correre con "Erpland" nelle orecchie ...un passo dopo l'altro, cuore che pompa acido muriatico, vapore che esce dalle narici, e così via, verso l'Infinito, con la gente sul bordo della strada che esulta ed incita, mentre il mondo si liquefa e si colora di mille tinture sgargianti.

Ce la farete.

E se alla fine del tutto non avrete il fisico di Stallone, di certo vi ritroverete con il suo quoziente intellettivo.

Suoni puliti, suoni sintetici (siamo negli anni novanta del resto): la musica degli Ozric Tentacles è un tapis roulant che scorre sotto i vostri piedi, vi spompa, vi fa macinare chilometri, visitare paesi lontani, Arabia, India, Caraibi, oceani fucsia, deserti rosa, spiagge smeraldo, trans-odalische, illusionisti, fachiri, spacciatori di Calcutta, delfini che vi sorridono, cocorite che vi fanno la permanente, pettirossi che vi prendono a cazzotti, porci viola che piovono dal cielo... e voi sempre a correre, spompati, nello stesso posto.

Non vi siete mossi di un passo. (No, le scimmie volanti che vi stanno bombardando di albicocche marce e teste di koala non esistono, sono solo nella vostra testa!)

Ma gli Ozric non cercano lo svarione facile; sono sì dei gonfioni, ma sarebbe ingeneroso non riconoscer loro un impegno, una perizia, una dedizione alla causa fuori dal comune: ci paiono gli Weather Report che flirtano con Popol Vuh, Hawkwind, Pink Floyd, Gong, Orb (di che anno è il primo degli Orb?) e mille altri gruppi.

Tutti, nessuno escluso, messi in riga dal drumming fluido e metronomico di Merv Peplar, vera macchina da guerra che (non si capisce come faccia, potere delle droghe probabilmente) tiene il tempo per ore ed ore, elargendo talvolta fulminanti cambi di rotta ed accelerazioni improvvise, ma senza mai sgarrare di una battuta.

Ma gli altri otto (!!!) componenti non son certo da meno, tutta la squadra concorre a generare un'atmosfera vorticosa, ipnotica, tentacolare, allucinogena, lisergica: il pulsare incessante del basso di Roly Wynne, sorta di Pastorius/Levin compulsivo; gli schiribizzi esotici di John Egan, folle pifferaio matto (uno che durante le esibizioni live se ne sta tutto il tempo ad occhi chiusi, ridendo come un beota, caracollante, barcollone, spaventandosi a tratti per cose che probabilmente vede solo lui!). E poi Paul Hankin (percussioni), Marcus Carcus (percussioni etniche), Generator John (tamburelli), Steve Everett (sampling), Tom Brooks (reggae bubbles) e, non ultimo: il master-mind Ed Wynne, chitarrista fantasioso e dall'estro barocco, tastierista dall'eiaculazione facile, nonché attento produttore e maniaco intarsiatore di suoni.

Un ensemble di tutto rispetto capace di confezionare un lavoro che, nonostante si materializzi per incanto fra i fumi delle droghe e dell'improvvisazione, ci appare incredibilmente curato e pensato, nei suoni come nelle strutture come negli incastri melodici.

Un lavoro privo di sbavature, chirurgico a tratti, prodotto splendidamente: 73 minuti di ritmi debordanti, ("Eternal Wheel"), parentesi esotiche ("Toltec Spring"), costruzioni cervellotiche ("Tidal Converge"), ballate paesaggistiche ("Sunscape"), reami fatati ("Mysticum Arabicola"), miraggi fantastici ("Crackerblocks"), porte che si spalancano ("The Throbbe"), fughe vertiginose ("Erpland"), ambientazioni caraibiche ("Valley of a Thousand Thoughts"), serpenti ammaestrati ("Snakepit").

Il reggae di "Iscence" (l'unico brano cantato dell'intera carriera degli Ozric Tentacles!) smorza la tensione. E vi giuro che se il reggae sta al sottoscritto come la luce del sole sta al conte Dracula, mi è impossibile negare che, dopo un tour de force del genere, un brano di tal fattura (più dub che reggae in verità, ma un dub annebbiato e visionario, molto molto molto lontano dalla Jamaica) costituisca una vera toccasana per lo spirito e per il cervello.

I dieci sognanti minuti della magistrale "A Gift of Wings" sono chiamati a chiudere un viaggio che non può in nessun modo deludere chiunque sia sinceramente e spassionatamente disposto a dare il proprio cervello in pasto ai cani.

Un solo rimpianto: averli visti una volta dal vivo ed essere stato sano.

Non bissate il mio errore!

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