Pubblicato nel 1988, “No Rest For The Wicked” è l'ennessimo successo portato a casa dal signor John Michael Osbourne.
Dopo un periodo buio, successivo alla cacciata dai Black Sabbath, che gli anni Ottanta avrebbero sorriso al “pazzo” di Birmingham era stato chiaro fin da subito, con album da milioni di copie vendute e musicisti di assoluto spessore ad alternarsi alla sua corte. Il precedente “The Ultimate Sin”, ennessimo colosso multiplatino di due anni prima, aveva visto Ozzy e soci sterzare verso un suono “americano” che a molti non era andato giù, con canzoni che sembravano scritte apposta per andare incontro alla scena glam tutta lustrini del Sunset Boulevard. Il risultato finale era stato comunque godibilissimo, ma per il 33 giri successivo in molti speravano in un ritorno alle origini.
“No Rest For The Wicked” cercò di accontentare, in parte, i palati più esigenti, non dimenticandosi comunque che si era ormai nel 1988, e che dai tempi di “Blizzard Of Ozz” di acqua sotto i ponti ne era comunque passata. Album nuovo, formazione nuova: tagliati i ponti con Jake E. Lee, che aveva avuto l'onore e l'onere di non far rimpiangere Randy Rhoads, Ozzy punta gli occhi su un ragazzino ventenne che, in fatto di sei corde, sembra saperla lunga, Zakk Wylde, che da qui inizierà con il botto una lunga e prolifica carriera. Alla batteria è confermato Randy Castillo, già dietro i tamburi per il LP precedente, mentre al basso rientra Bob Daisley, compositore di tutto rispetto con un passato in Uriah Heep, Rainbow e Black Sabbath. Le tastiere sono invece affidate al nuovo acquisto John Sinclair, anche lui ex Heep.
Accompagnato da una bella copertina, con l'immagine di Ozzy che riporta alla mente quella di un dio pagano, l'album parte con “Miracle Man”, pezzo trascinante che mostra un gruppo in grande spolvero, preciso e compatto. Lo stesso discorso vale per il successivo “Devil's Daughter”, forse non un classico, ma comunque impreziosito dagli ottimi assoli di Wylde, che con gli anni rappresenterà per il gruppo di Ozzy un autentico valore aggiunto. “Crazy Babies”, per il quale fu anche girato un video che prendeva spunto dalla copertina del LP, è uno dei brani più commerciali del lotto, sicuramente orecchiabile, ma che alla fine lascia ben poco. Discorso diverso per “Breaking All The Rules”, brano melodico ma comunque ben strutturato e suonato, con un Castillo che picchia come un pazzo dietro le pelli e Wylde che si sbizzarrisce alla sei corde e che chiude ottimamente il primo lato del disco. Il lato B si apre con “Bloodbath In Paradise”, ispirato dagli omicidi di Charles Manson e che, con cupi passaggi di tastiere e voci registrate al contrario, vuole giocare con il lato più “dannato” di Osbourne, riuscendoci alla grande: la canzone funziona ed avrebbe meritato maggiore fortuna, visto che oggi sono in pochi a ricordarsela. Ottima anche la successiva “Fire In The Sky”, impreziosita da un ritornello che sembra scritto apposta per essere cantato a squarciagola in qualche palasport strapieno, e che riporta alla memoria l'Ozzy solista dei momenti migliori. Questi due sono sicuramente i brani migliori dell'intero album. “Tatooed Dancer” ha ritmi serrati, con Daisley e Castillo che mettono in evidenza una sezione ritmica precisa e rocciosa, ma non aggiunge molto al risultato finale, così come la conclusiva “Demon Alcohol”, che sarebbe stata un ottimo lato B di un 45 giri, ma su un album completo mostra tutti i suoi limiti. Molto meglio, paradossalmente, “Hero”, pezzo bonus presente in varie edizioni del disco: non si grida al miracolo, ma è un brano decisamente più compiuto e interessante.
“No Rest For The Wicked” fu un successo commerciale, con oltre quattro milioni di copie vendute, ma da un punto di vista artistico è da considerarsi un lavoro interlocutorio. Le canzoni sono ben scritte, anche perché in squadra c'erano autori mica male come Bob Daisley, ma, tranne in un paio di casi, sembra che manchi il guizzo che faccia la differenza tra un buon brano ed un classico. L'album è comunque godibile e gli assoli di Wylde a distanza di anni restano un piacere per le orecchie, ma l'impressione è che album come “Bark At The Moon”, ottimo anche se non paragonabile all'esordio, rimangano su un altro livello. Ozzy e soci avrebbero comunque da lì a breve sferrato l'ennesimo colpo di coda: la squadra di “No Rest For The Wicked”, infatti, è la stessa che da lì a tre anni avrebbe sfornato “No More Tears”, album decisamente più maturo e complesso, da molti considerato l'ultimo grande classico dell'Ozzy solista. La carriera del “madman” era lungi dal fermarsi.
- Miracle Man
- Devil's Daughter
- Crazy Babies
- Breaking All The Rules
- Hero (bonus)
- Bloodbath In Paradise
- Fire In The Sky
- Tatooed Dancer
- Demon Alcohol
- Ozzy Osbourne, voce
- Zakk Wylde, chitarre
- Bob Daisley, basso
- John Sinclair, tastiere
- Randy Castillo, batteria
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