Andiamo avanti con queste sperimentazioni nord-europee e muovendoci questa volta in terra germanica con una nuova proposta della rassegna #buzz riguardante un gruppo che - chiaramente - non conoscevo e che mi è stato come sempre suggerito da @[ALFAMA] .
Dzyan - Electric Silence (Bacillus Records, 1974)
Un altro disco degli anni settanta di una band tedesca, un trio (reinhard Karwatky, Peter Giger, Eddy Marron) che non suona esattamente quello che chiamiamo kraut-rock, ma che in questo disco, denominato 'Electric Silence' e uscito nel 1974, pure richiamando alcune sonorità dei Popol Vuh, si avventura su percorsi diversi e che affrontano maggiormente sperimentazioni concettuali ambient e di tipo meditativo. Il disco è il loro ultimo album e si può definire come una specie di improvvisazione ai limiti dello sperimentalismo più estremo e dove si incontrano generi come il jazz fusion e i rimandi alla musica folkloristica orientale. Il disco si apre subito con uno dei pezzi più particolari, 'Back To Where We Come From', una lunga sessione sperimentale di nove minuti basata sostanzialmente sul suono sperimentale del basso e sull'uso di percussioni minimali e suggestioni sintetiche sottomarine fino a una deflagrazione noise finale in una serie di sovraincisioni. Caratteristico il suono delle marimba utilizzato in più occasioni. 'A Day In My Life' si può considerare praticamente come una versione strumentale beta di 'Tomorrow Never Knows' dei Beatles. 'The Road Not Taken' riprende concettualmente la prima traccia: sembra che l'esercizio praticato consista nel fare risuonare gli spazi vuoti, che si alternano prepotentemente a una solitaria chitarra acid blues fantasma in uno stile a metà tra la psichedelia anni settanta e Ry Cooder. 'Khali' è forse la traccia più interessante, praticamente una sessione di musica ambient spaziale mescolata alla tradizionale musica indiana con l'uso di tabla e sitar fino al raggiungimento di una estasi sinfonica che anticipa di qualche decennio gli Spacemen 3. 'For Early Thinking' (in una maniera più sperimentale) e 'Electric Silence' sono episodi più tipicamente jazz fusion e che forse aggiungono poco all'opera nel suo complesso, salvo confermare le grandi capacità tecniche del trio e la loro eccentricità nelle composizioni di ogni genere. Un disco sicuramente particolare e di cui vale menzionare l'autore della bella e particolare copertina: l'artista tedesco Helmut Wenske, che non conoscevo ma che sicuramente vale la pena approfondire, soprattutto considerando il mio culto per la cultura sci-fi.
Dzyan - Khali [Electric Silence] 1974
Dzyan - Electric Silence (Bacillus Records, 1974)
Un altro disco degli anni settanta di una band tedesca, un trio (reinhard Karwatky, Peter Giger, Eddy Marron) che non suona esattamente quello che chiamiamo kraut-rock, ma che in questo disco, denominato 'Electric Silence' e uscito nel 1974, pure richiamando alcune sonorità dei Popol Vuh, si avventura su percorsi diversi e che affrontano maggiormente sperimentazioni concettuali ambient e di tipo meditativo. Il disco è il loro ultimo album e si può definire come una specie di improvvisazione ai limiti dello sperimentalismo più estremo e dove si incontrano generi come il jazz fusion e i rimandi alla musica folkloristica orientale. Il disco si apre subito con uno dei pezzi più particolari, 'Back To Where We Come From', una lunga sessione sperimentale di nove minuti basata sostanzialmente sul suono sperimentale del basso e sull'uso di percussioni minimali e suggestioni sintetiche sottomarine fino a una deflagrazione noise finale in una serie di sovraincisioni. Caratteristico il suono delle marimba utilizzato in più occasioni. 'A Day In My Life' si può considerare praticamente come una versione strumentale beta di 'Tomorrow Never Knows' dei Beatles. 'The Road Not Taken' riprende concettualmente la prima traccia: sembra che l'esercizio praticato consista nel fare risuonare gli spazi vuoti, che si alternano prepotentemente a una solitaria chitarra acid blues fantasma in uno stile a metà tra la psichedelia anni settanta e Ry Cooder. 'Khali' è forse la traccia più interessante, praticamente una sessione di musica ambient spaziale mescolata alla tradizionale musica indiana con l'uso di tabla e sitar fino al raggiungimento di una estasi sinfonica che anticipa di qualche decennio gli Spacemen 3. 'For Early Thinking' (in una maniera più sperimentale) e 'Electric Silence' sono episodi più tipicamente jazz fusion e che forse aggiungono poco all'opera nel suo complesso, salvo confermare le grandi capacità tecniche del trio e la loro eccentricità nelle composizioni di ogni genere. Un disco sicuramente particolare e di cui vale menzionare l'autore della bella e particolare copertina: l'artista tedesco Helmut Wenske, che non conoscevo ma che sicuramente vale la pena approfondire, soprattutto considerando il mio culto per la cultura sci-fi.
Dzyan - Khali [Electric Silence] 1974
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