Bass Desires (Johnson, Erskine, Scofield, Frisell) - Resolution Part 1
Vi ho mai parlato dei miei bassi desideri? No? Male!
Quando lessi sul "Messaggero Veneto" - allora non c'era intronét - che al mitologico Palasport Carnera avrebbe suonato "un'eclettica formazione di stampo jazzistico composta da..." ecco: visti i nomi e capìta l'assoluta dabbenaggine dello pseudo giornalista che, evidentemente, di Jazz ne sapeva quanto ne so io di Sumo, sono svenuto.
PETER ERSKINE! 'ioccáne!!! Il più grande batterista Jazz, per io, dell'universo criàto!
JOHN SCOFIELD! Impestatalamadonna!!!
Mica ve lo devo dire io chi è: ascoltate l'ultimo disco appena uscito, col contrabbasso al posto del basso elettrico.
Di Marchetto sapevo tutto, conoscendo il suo assoluto amore per l'interplay mai fine a sé stesso, ma fatto di feeling con i musicisti come solo i grandi umili sanno creare.
Ma la vera sorpresa, per me, è stata quel giovanotto - da me mai sentito nominare - che suonava una Diavoletto (per i jazzisti presenti una vergogna) come mai s'era sentito prima.
Bill è uno che non fa come gli altri, non ragiona come gli altri, e le sue note se le va a cercare là dove gli altri non le suonano, come i visionari vedono immagini che gli altri non immaginano.
Yuk!
Vi ho mai parlato dei miei bassi desideri? No? Male!
Quando lessi sul "Messaggero Veneto" - allora non c'era intronét - che al mitologico Palasport Carnera avrebbe suonato "un'eclettica formazione di stampo jazzistico composta da..." ecco: visti i nomi e capìta l'assoluta dabbenaggine dello pseudo giornalista che, evidentemente, di Jazz ne sapeva quanto ne so io di Sumo, sono svenuto.
PETER ERSKINE! 'ioccáne!!! Il più grande batterista Jazz, per io, dell'universo criàto!
JOHN SCOFIELD! Impestatalamadonna!!!
Mica ve lo devo dire io chi è: ascoltate l'ultimo disco appena uscito, col contrabbasso al posto del basso elettrico.
Di Marchetto sapevo tutto, conoscendo il suo assoluto amore per l'interplay mai fine a sé stesso, ma fatto di feeling con i musicisti come solo i grandi umili sanno creare.
Ma la vera sorpresa, per me, è stata quel giovanotto - da me mai sentito nominare - che suonava una Diavoletto (per i jazzisti presenti una vergogna) come mai s'era sentito prima.
Bill è uno che non fa come gli altri, non ragiona come gli altri, e le sue note se le va a cercare là dove gli altri non le suonano, come i visionari vedono immagini che gli altri non immaginano.
Yuk!
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