Nessuno è al di sopra della Tradizione
UNA FAVOLA TRATTA DA UNA TRAGEDIA VERA
La storia di una ragazza normale, d’improvviso entrata in un loop temporale, e la cui storia si concluse come tutti sappiamo. Purtroppo.
“Qui c’è un solo tempo. Non c’è il futuro. Il passato e il presente sono la stessa cosa.”
Quella della monarchia britannica è una dimensione sospesa nel tempo. Un mondo di tradizioni e rituali all’interno della modernità. E infatti presente e passato sono le uniche dimensioni presenti nel film, ed il dialogo tra questi due tempi rappresenta i momenti più belli di una pellicola, in ogni caso, splendida e pienamente riuscita.
TRE GIORNI NELLA VITA DI DIANA
Spencer non è un biopic. Specifichiamolo subito, per chi magari dovesse approcciarsi al film senza conoscere le precedenti opere del regista cileno.
Larraín è abituato allo scavo nel potere, ma soprattutto alle storie sospese in cui realtà e finzione dialogano e si fanno l’una conseguenza dell’altra. La creazione di un mito attraverso la narrazione mediatica da lasciare ai posteri, i personaggi fittizi creati dal contesto storico e dalla mente di un poeta. Tutto il cinema di Larraín (ma specialmente dal capolavoro Neruda in poi) è dimensione sospesa nel tempo e nello spazio. E favola tratta da tragedia della realtà.
LA PRINCIPESSA TRISTE
Dopo Jackie, Larraín disegna un altro straordinario ritratto femminile, prendendolo direttamente dalla realtà. Per trasformarlo in altro. Plasmarci sopra la propria favola.
Spencer è una storia di fantasmi e di prigionia da cui fuggire. Viene presentato un parallelo altamente suggestivo e visionario tra Diana e Anna Bolena, e le rispettive epoche. In un ciclo di corsi e ricorsi ed eterno ripetersi da scongiurare, se possibile. Spezzando la maledizione, il cerchio, rappresentato simbolicamente dalla collana di perle che Diana non può sopportare. Sapendola donata dal marito sia a lei, che all’amante dell’erede al trono. Un presagio, un simbolo da distruggere e di cui liberarsi.
Spencer è un film in costume ambientato nell’epoca contemporanea; e viene alla mente, sempre riguardo questo discorso sui corsi e ricorsi, un paragone con La Favorita. Il film di Lanthimos riportava in immagini la vicenda della regina Anna di Gran Bretagna, nel primo ‘700. E, pur nelle relative differenze del caso, in fondo dramma legato all’assenza della libertà ed alle catene della tradizione e della casa reale, è sempre lo stesso.
ALL I NEED IS A MIRACLE
Larraín non specula né propone teorie. Il finale tragico della storia di Lady D non viene inscenato. Alla principessa viene regalato un finale positivo, in cui riuscirà, almeno per un attimo, nel miracolo di uscire dal loop di Sandringham House (la residenza privata della famiglia reale, ambientazione del film). Una piccola gita nella modernità con vista per il futuro. Quella dimensione fino a quel momento negata a lei ed ai due figli William e Harry.
Kristen Stewart, candidata all’Oscar come miglior attrice (poi vinto purtroppo dalla Chastain), regala la prova della vita. Così come già fece Natalie Portman in Jackie. E si conferma attrice eccelsa, proseguendo la sua crescita artistica in parallelo con quella del suo ex collega vampiresco Pattinson.
Larraín non delude. Resta tra gli autori contemporanei più importanti, regalando un’altra perla. Altri momenti di grande cinema. E merito va anche dato, comunque, alla perfetta sceneggiatura di Steven Knight, noto autore di Peaky Blinders.
Carico i commenti... con calma